Ricercatori del Tigem di Napoli aprono le porte alla terapia genica contro la più frequente malattia ereditaria della vista.

Rete segnata dai ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina di Napoli nei confronti della retinite pigmentosa, la più comune forma di cecità ereditaria: la partita è solo all’inizio, ma come descritto sulle pagine della rivista scientifica EMBO Molecular Medicine* i ricercatori napoletani guidati da Enrico Maria Surace hanno compiuto il primo passo necessario per arrivare alla correzione del difetto genetico responsabile di questa grave malattia della vista.

La retinite pigmentosa colpisce circa una persona su 3000 ed è una malattia molto eterogenea, sia per come si manifesta, sia per come si trasmette da una generazione all’altra. In particolare, il gruppo di Surace si è concentrato su quelle forme in cui basta ricevere il gene difettoso da uno dei genitori (malato a sua volta) per sviluppare la malattia.

«Le malattie di questo tipo, dette a trasmissione “autosomica dominante”, sono molto difficili da curare con la terapia genica» spiega Surace, «perché il difetto genetico determina non l’assenza di una proteina, ma la presenza di una proteina anomala e quindi tossica per l’organismo. Non serve a nulla quindi fornire al paziente una copia del gene sano: bisogna invece cercare di “spegnere” quello difettoso e questo è molto più difficile».

Da circa 10 anni scienziati di tutto il mondo stanno provando a “mettere a tacere” geni difettosi come questi, grazie anche all’aiuto del computer. Per farlo disegnano delle proteine artificiali, ispirate ad altre presenti in natura, capaci di “abbracciare” in modo specifico i geni alterati e di impedirne l’azione. Nel caso della retinite pigmentosa le cose sono ancora più complicate: come spiega il ricercatore del Tigem, «le forme dominanti della malattia sono circa il 35% e riguardano frequentemente il gene della rodopsina, che può presentare almeno 150 diversi “errori” nella sua sequenza che si traducono poi in un difetto della vista. È impensabile costruire altrettanti “interruttori proteici” ad hoc, sarebbe troppo oneroso: abbiamo quindi provato a pensare a un’altra strategia».

L’idea dei ricercatori del Tigem è stata quella di costruire un interruttore universale per il gene della rodopsina, capace di spegnere sia quello sano sia quello alterato, indipendentemente dal tipo di errore genetico. Commenta Surace: «grazie a questa tecnologia basata su proteine “artificiali” che legano il Dna, siamo riusciti per la prima volta a rendere inattivo il gene alterato della rodopsina nelle cellule della retina nel modello animale: il passaggio successivo sarà fornire, insieme all’interruttore per lo spegnimento di rodopsina, anche la versione sana del gene».

Forti anche degli importanti risultati ottenuti nella terapia genica di un’altra malattia ereditaria della vista, l’amaurosi congenita di Leber, i ricercatori del Tigem contano di proseguire su questa strada e di aprire quindi le porte della terapia genica anche alle malattie a ereditarietà dominante, che storicamente hanno sempre scoraggiato gli scienziati per la loro difficoltà intrinseca a essere trattate.

«Potenzialmente questo approccio potrebbe applicarsi a numerose altre malattie dominanti che colpiscono non solo l’occhio, ma altri organi: penso quindi che questo risultato incoraggi a investire nella terapia genica di questa categoria di malattie genetiche rare, ancora troppo trascurate», conclude Surace.

* C. Mussolino et al, “Zinc-finger-based transcriptional repression of rhodopsin in a model of dominant retinitis pigmentosa”. EMBO Molecular Medicine, 2011.

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