Identificato il difetto genetico responsabile di una particolare forma genetica di atassia, la SCA28: ad annunciarlo uno studio finanziato da Telethon e pubblicato sulle pagine di Nature Genetics* da Franco Taroni, ricercatore dell’Istituto neurologico “Carlo Besta” di Milano, in collaborazione con Marco Muzi-Falconi dell’Università degli Studi di Milano. Il termine atassia deriva dal greco “disordine” e indica un disturbo della coordinazione dei movimenti  che spesso si associa anche a incontinenza, difficoltà di deglutizione e movimenti involontari di arti, tronco, testa, occhi. La porzione del cervello coinvolta è il cervelletto, la stazione di controllo di tutti i movimenti volontari del nostro corpo. Spesso conseguenza di infezioni, intossicazioni o radiazioni, l’atassia può avere anche un’origine genetica.

In questi casi si parla di vere e proprie atassie ereditarie: si stima che in Italia siano circa 5000 le persone colpite, con insorgenza sia in età infantile, sia in età adulta, ma sempre con un andamento progressivo. Pur manifestandosi essenzialmente con gli stessi sintomi, le atassie ereditarie sono invece molto eterogenee per quanto riguarda il difetto genetico responsabile (e, di conseguenza, anche per le modalità di trasmissione da una generazione all’altra). La SCA28 è una nuova forma della patologia, diagnosticata per la prima volta al mondo dal gruppo di Franco Taroni in una famiglia italiana: si trasmette con modalità autosomica dominante, basta cioè ereditare una copia alterata del gene dai uno dei genitori (affetto a sua volta) per manifestare la malattia. Studiando il Dna di alcuni pazienti privi di una diagnosi precisa (condizione che al momento riguarda la metà delle persone colpite da atassia ereditaria), i ricercatori milanesi sono riusciti dapprima a localizzare il gene, quindi a identificarlo con precisione e a definire le particolari alterazioni responsabili della malattia. Il gene in questione si chiama AFG3L2 e contiene le informazioni per una proteina coinvolta nel metabolismo dei mitocondri, le centrali energetiche delle nostre cellule. Il suo ruolo è quello di “tagliuzzare” altre proteine, talvolta per renderle attive e funzionanti, in altri casi per avviarne lo smaltimento se non più utili per la cellula. Una particolarità di AFG3L2 sta nel fatto di agire in stretta associazione con un’altra proteina, la paraplegina, a sua volta associata a un’altra malattia neurodegenerativa di origine genetica, la paraplegia spastica ereditaria. Nonostante le due proteine siano di fatto gli ingranaggi di uno stesso macchinario, sono associate a due malattie decisamente diverse. Inoltre, i ricercatori hanno dimostrato come la struttura di AFG3L2 e della paraplegina sia molto conservata a livello evolutivo: basti pensare che anche specie molto lontane dall’uomo come il lievito o certi batteri che vivono soltanto ad alte temperature possiedano un macchinario cellulare molto simile.

È infatti sfruttando il lievito che il team coordinato da Franco Taroni e Marco Muzi-Falconi è riuscito a identificare il meccanismo che è scorretto nei pazienti con SCA28.Il lavoro del gruppo ha una ricaduta immediata in campo diagnostico, particolarmente importante nel caso di malattie così eterogenee dal punto di vista del difetto genetico responsabile come le atassie. Guardando più avanti, invece, il prossimo passo dei ricercatori sarà approfondire le conoscenze sul meccanismo della SCA28 e capire se possa effettivamente essere inserita nel promettente filone di ricerca delle malattie mitocondriali.Il lavoro di Franco Taroni è sostenuto anche da Auchan.

*D. Di Bella, F. Lazzaro, A. Brusco, M. Plumari, G. Battaglia, A. Pastore, A. Finardi, C. Cagnoli, F. Tempia, M. Frontali, L. Veneziano, T. Sacco, E. Boda, A. Brussino, F. Bonn, B. Castellotti, S. Baratta, C. Mariotti, C. Gellera, V. Fracasso, S. Magri, T. Langer, P. Plevani, S. DiDonato, M. Muzi-Falconi, & F. Taroni, “Mutations in the mitochondrial protease gene AFG3L2 cause dominant hereditary ataxia SCA28”. Nature Genetics, 2010 (advance online publication, 7 March 2010, doi:10.1038/ng.544).

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