Terapia genica: “bisturi molecolari” correggono i geni delle cellule staminali del sangue

Un gruppo di ricercatori dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano è riuscito per la prima volta a riscrivere il Dna di cellule staminali del sangue umano grazie all'editing del genoma (tecnica introdotta per la prima volta dal premio Nobel Mauro Capecchi) che consente di correggere gli errori direttamente sul gene malato. In particolare, grazie a "bisturi molecolari", gli scienziati sono riusciti a riparare con assoluta precisione il difetto responsabile di una grave immunodeficienza ereditaria, aprendo così le porte all'applicazione sull'uomo, di questo innovativo metodo.

A firmare lo studio, pubblicato su Nature*, sono Luigi Naldini, direttore dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica e docente dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Angelo Lombardo, ricercatore presso le stesse Istituzioni.

A conferma del valore internazionale della ricerca del Tiget è anche il prestigioso Outstanding Achievement Award, conferito a Luigi Naldini proprio in questi giorni a Washington dalla Società americana di terapia genica e cellulare.

Dopo anni di studi oggi la terapia genica è una realtà che sta cominciando a dare risultati concreti anche sull'uomo. Sono ormai diversi gli studi clinici in corso nel mondo in cui tramite virus opportunamente modificati e resi innocui si possono fornire ai pazienti versioni corrette dei geni che sono difettosi e responsabili di una determinata patologia. Lo scorso luglio su Science un gruppo di ricerca guidato proprio da Luigi Naldini ha dimostrato come questa tecnica rappresenti una speranza concreta per gravissime malattie genetiche dell'infanzia come la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich.

«Fino ad oggi la terapia genica consisteva soprattutto nell'aggiungere una copia funzionante di un gene quando quello presente era difettoso, usando un virus opportunamente manipolato e reso innocuo; un po' come usare una stampella quando ci si sia rotti una gamba - spiega Luigi Naldini, direttore del dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica -. Con il nuovo studio pubblicato oggi su Nature abbiamo fatto un importante passo avanti. L'editing del genoma ci consente di correggere direttamente il difetto genetico sul Dna, un po' come riparare l'osso fratturato. È un vantaggio straordinario, perché ci permette di ripristinare non solo la funzione ma anche la naturale regolazione di quel gene (quanto, quando e dove viene espresso) cosa che oggi non possiamo fare fedelmente quando introduciamo con un virus una nuova copia del gene dall'esterno. E abbiamo dimostrato come farlo nelle cellule staminali emopoietiche, le madri di tutte le cellule del sangue».

Cuore della nuova tecnica molecolare messa a punto sono le endonucleasi artificiali, proteine costruite in laboratorio e usate per indurre la modificazione di una specifica sequenza di Dna e che sono oggi al centro dell'attenzione dei ricercatori di tutto il mondo per le loro potenziali applicazioni nella ricerca.

«Le nucleasi artificiali sono costituite da due porzioni distinte, una in grado di legarsi a una precisa sequenza di lettere (basi) sul Dna, che noi scegliamo nel gene da riparare, l'altra di tagliare il Dna e di mettere così in moto i normali meccanismi riparativi della cellula che ricopiano nel sito del taglio una sequenza corretta da noi fornita alla stessa cellula». Spiega Angelo Lombardo, ricercatore dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica premiato alla fine del 2011 come miglior giovane ricercatore dalla Società europea di terapia genica e cellulare, e che già nel 2007 aveva dimostrato insieme a Naldini la potenzialità terapeutica di queste proteine. «In questi anni – prosegue Lombardo – abbiamo studiato come introdurre e far funzionare questa vera e propria “equipe microchirugica” nelle cellule staminali del sangue umano, in modo da correggere difetti responsabili di malattie genetiche».

In particolare Luigi Naldini e il gruppo di ricerca da lui guidato hanno provato ad applicare questa tecnologia alla malattia SCID-X1, una immunodeficienza ereditaria in cui la terapia genica "tradizionale" pur funzionando, ha dato in passato, nel corso di una sperimentazione condotta in Francia, dei problemi di sicurezza. Alcuni dei pazienti trattati, infatti, svilupparono leucemie a seguito di un’espressione incontrollata del gene terapeutico e dell'inserzione casuale del vettore che era avvenuta vicino ad un gene oncogeno e ne aveva attivato il potenziale tumorigenico. La SCID – X1 è dovuta al difetto in un gene, IL2RG, essenziale per lo sviluppo delle cellule del sistema immunitario: i linfociti T e le cellule "Natural Killers" (NK). In assenza della proteina IL2RG, le cellule staminali del midollo osseo non sono in grado di dare origine a questi cruciali elementi difensivi del sangue: i pazienti affetti sono soggetti a gravissime infezioni fin dalla prima infanzia e costantemente in pericolo di vita.

Finora i ricercatori non erano riusciti ad applicare la tecnologia dell’editing del genoma alle cellule staminali ematopoietiche umane, piuttosto “restie” ad accogliere e utilizzare il macchinario di riparazione ed editing del Dna fornito dall’esterno.

Come spiega il primo autore del lavoro, Pietro Genovese, ricercatore dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica: «Normalmente queste cellule si trovano nel midollo osseo in uno stato di quiescenza, da cui si risvegliano periodicamente per replicarsi e rigenerare le cellule mature del sangue che naturalmente si consumano e muoiono. Siamo però riusciti a individuare la giusta combinazione di stimoli per risvegliarle e poter utilizzare i nostri “bisturi molecolari” per riparare il difetto genetico a carico del gene IL2RG. Abbiamo poi dimostrato la sicurezza e l’efficacia di questo approccio terapeutico in un modello murino in cui avevamo “ricreato” un sistema ematopoietico umano difettoso: le cellule da noi corrette con la tecnica dell’editing del genoma sono riuscite da sole a rigenerare il sistema immunitario, dando origine a linfociti T e cellule NK completamente funzionanti. Questo dimostra che bastano poche cellule staminali corrette per ottenere l’effetto terapeutico, ovvero la ricostituzione di un sistema immunitario funzionante».

Con questa strategia sarà possibile in futuro non solo superare alcuni dei più importanti ostacoli che oggi rallentano l'applicazione della terapia genica, ma anche ingegnerizzare le cellule staminali in modo sempre più preciso e innovativo, disegnando nuove strategie di cura delle malattie.

La ricerca è stata sostenuta dai finanziamenti della Fondazione Telethon, dell’Unione europea e del Ministero della Salute e si è avvalsa anche della collaborazione con una biotech americana, la Sangamo Biosciences.

*Genovese P. et al, "Targeted Genome Editing in Human Repopulating Hematopoietic Stem Cells". Nature, 28 maggio 2014.

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