A gennaio 2011 i ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia mostravano un dispositivo fotovoltaico in grado di indurre la comunicazione tra neuroni in risposta alla luce. Oggi gli stessi ricercatori dimostrano la sua efficacia nel restituire la sensibilità alla luce a retine prive di fotorecettori, confermando la possibilità di avere, nel prossimo futuro, un sostituto artificiale organico della retina anche per l'uomo.

Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Nature Photonics dal titolo "A polymer optoelectronic interface restores light sensitivity in blind rat retinas", è stato condotto dai ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia, in particolare del Dipartimento di Neuroscience and Brain Technologies (NBT) a Genova e del Center for Nano Science and Technology (CNST) presso il Politecnico di Milano, in collaborazione con l'Università dell'Aquila, l'Università di Genova e l'UO Oculistica dell'Ospedale S. Cuore - Don Calabria di Negrar (Verona) ed è finanziato dalla Fondazione Telethon.

La retina è composta dai fotorecettori neuronali, cioè neuroni chiamati coni e bastoncelli capaci di captare i segnali luminosi e di trasformarli in segnali elettrici alle cellule gangliari della retina e quindi al cervello attraverso il nervo ottico. Nel loro studio, i ricercatori hanno utilizzato la retina di mammiferi in cui fosse presente una degenerazione dei fotorecettori, in modo da avere un modello sperimentale di alcune patologie degenerative della retina, quali la retinite pigmentosa o la degenerazione maculare.

L'obiettivo è stato di sostituire i fotorecettori con un materiale sensibile alla luce, in grado di restituire la fotosensibilità della retina, adagiando la retina su uno strato di semiconduttore organico fotovoltaico. «Rispetto alla miscela a due componenti usata due anni fa, il materiale è leggermente diverso - spiega il professore Guglielmo Lanzani, Coordinatore del CNST dell'Istituto Italiano di Tecnologia -. Abbiamo, infatti, utilizzato un singolo materiale polimerico semiconduttore, più semplice e meno tossico per il tessuto biologico».

Il materiale è un semiconduttore organico fotovoltaico, detto rr-P3HT, che a differenza dei materiali metallici, o a base di silicio, utilizzati finora per tali interfacce biotecnologiche, è soffice, leggero, flessibile e altamente biocompatibile, oltre che essere naturalmente sensibile alla luce visibile. L'effetto fotovoltaico che ne è alla base lo rende, poi, una protesi che non necessita di una sorgente elettrica esterna per funzionare.

«Il risultato che abbiamo raggiunto è fondamentale per procedere verso la realizzazione di una protesi retinica organica per l’uomo - commenta il professore Benfenati (nella foto con il suo gruppo di ricerca), Direttore del Dipartimento di NBT dell'Istituto Italiano di Tecnologia -. Abbiamo dimostrato che il tessuto retinico degenerato nei fotorecettori, una volta a contatto con lo strato di semiconduttore, recupera la sua fotosensibilità a livelli di luminosità paragonabili alla luce diurna e genera segnali elettrici nel nervo ottico del tutto simili a quelli generati da retine normali».

 Il dispositivo presenta, infine, il vantaggio di ottenere un effetto della stimolazione luminosa estremamente localizzato, riproducendo la risoluzione spaziale della retina.

Il passo successivo sarà, quindi, l'applicazione di questo dispositivo a modelli animali di retinite pigmentosa per verificare, dopo l'impianto retinico, la sua efficacia nel recuperare la funzione visiva, la sua biocompatibilità e durata a lungo termine.

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