Nuova luce sulle cause genetiche della disabilità intellettiva

Scoperto un nuovo gene responsabile di disabilità intellettiva legata al cromosoma X: ad annunciarlo è uno studio pubblicato sull’American Journal of Human Genetics* da Patrizia D’Adamo, ricercatrice dell’Istituto Telethon Dulbecco che lavora presso la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano. Quella legata al cromosoma X è una delle forme genetiche di disabilità intellettiva più diffuse.

In generale, la disabilità intellettiva è l’handicap più frequente fra bambini e adolescenti e, per quanto le stime siano approssimative, nel 25-50% dei casi la causa è un difetto in un gene o in un cromosoma. Si tratta di una malattia particolarmente complessa da studiare, di cui esistono tantissime forme: basti pensare che ad oggi si conoscono oltre 200 diversi tipi di disabilità intellettiva legata all’X e più di 80 geni che, quando alterati, ne provocano l’insorgenza.

Il fatto che il difetto genetico sia localizzato proprio su questo particolare cromosoma – l’X, uno dei due determinanti del sesso nell’uomo – offre un vantaggio ai ricercatori. Quando una malattia è dovuta all’alterazione di un gene localizzato sull’X, i pazienti colpiti sono soprattutto maschi, perché ne possiedono solo una copia. Le donne, invece, avendone due possono compensare il difetto genetico grazie alla versione corretta e quindi sono in genere portatrici sane della malattia. Studiando l’albero genealogico di famiglie in cui ci siano stati più maschi affetti da ritardo mentale, i ricercatori possono così dare la caccia ai geni potenzialmente responsabili. Il gruppo di Patrizia D’Adamo ha fatto proprio in questo modo: avvalendosi anche della collaborazione di centri di ricerca internazionali, ha analizzato il Dna di diversi maschi affetti da disabilità intellettiva.

Mettendo a confronto il patrimonio genetico dei diversi pazienti, i ricercatori hanno scoperto che in due casi il difetto era dovuto alla mancanza di un gene che normalmente contiene le informazioni per una proteina chiamata RAB39B, specifica delle cellule nervose. In particolare, hanno dimostrato che la mancanza di questa proteina causa una riduzione dei contatti tra le cellule nervose, le sinapsi. Di fatto, questa proteina potrebbe avere un ruolo importante nella formazione e nel mantenimento del corretto numero di sinapsi, implicate nella trasmissione delle informazioni tra neuroni.

Quello che potrebbe accadere nel cervello delle persone con mutazioni in questo gene è una riduzione della comunicazione neuronale, con una ricaduta sulle capacità cognitive, sul linguaggio e sulle relazioni sociali. I ricercatori hanno anche osservato che la gravità del ritardo mentale – dovuta alla copresenza di autismo ed epilessia – sembra aumentare con il passare delle generazioni, per motivi ancora da scoprire. La proteina individuata dal gruppo di Patrizia D’Adamo è parte di una famiglia di oltre 60 proteine coinvolte in questo meccanismo di trasporto all’interno delle cellule, ma è l’unica tra quelle scoperte finora a essere specifica delle cellule nervose. Non solo: a “dirigere” tutto il gruppo delle proteine Rab è un’altra proteina, GDI1, scoperta nel 1998 proprio dalla ricercatrice dell’Istituto Telethon Dulbecco, coinvolta a sua volta nell’insorgenza di disabilità intellettiva. Prossimo passo sarà quindi andare più a fondo dei meccanismi molecolari che alterano il numero di sinapsi e alterano la comunicazione fra i neuroni, alla ricerca di un eventuale bersaglio terapeutico per il futuro.

* M. Giannandrea et al, “Mutations in the Small GTPase Gene RAB39B Are Responsible for X-linked Mental Retardation Associated with Autism, Epilepsy, and Macrocephaly”. The American Journal of Human Genetics, 2010.

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