Lo studio, cofinanziato dalla Fondazione Telethon, ha identificato un nuovo meccanismo molecolare che contribuisce alla degenerazione dei neuroni.

L’atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia genetica rara causata dovuta a difetti nel gene Smn1, che si traducono in una ridotta sintesi della proteina omonima fondamentale per la sopravvivenza dei motoneuroni spinali, le cellule nervose deputate al controllo dei muscoli. Una carenza di questa proteina porta alla morte selettiva di queste cellule: quanto più bassi sono i livelli di Smn1, tanto più grave è la manifestazione della malattia.

In una ricerca dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Ibbr), in collaborazione con Peter Claus dell’Hannover Medical School, è stata identificata la proteina B-Raf come il punto centrale di una estesa rete di proteine che contribuiscono alla degenerazione dei motoneuroni in mancanza della proteina Smn1.

Lo studio, pubblicato su “Pnase cofinanziato dalla Fondazione Telethon, ha utilizzato un approccio innovativo detto di “network biology”, che consente di avere una visione globale di tutti i partner coinvolti in un dato processo e di identificare rapidamente gli interruttori principali, da attivare o disattivare affinché quel processo sia modulato.

«È un po’ come ricostruire la mappa delle varie linee della metropolitana e identificare così le stazioni dove queste si intersecano, i cosiddetti hub: se si interviene sugli hub si avrà un effetto sull’intera rete» spiega Elia Di Schiavi, ricercatore del Cnr-Ibbr e autore dello studio. In questo lavoro, usando ben quattro diversi modelli di Sma sia in vivo che in vitro, è stato quindi possibile chiarire la rete di segnalazione alterata nella malattia. «Questa rete è strutturata in due cluster centrati sulle proteine AKT e 14-3-3ζ/δ, rispettivamente. I cluster sono collegati tra loro dalla proteina B-Raf, che lavora come hub principale. L'interazione diretta di B-Raf con 14-3-3ζ/δ è stata dimostrata essere cruciale per la sopravvivenza dei motoneuroni» spiega Di Schiavi.

Ulteriori analisi hanno rivelato che entrambe le proteine erano poco espresse nei motoneuroni e nel midollo spinale di modelli murini nelle fasi pre-sintomatiche della malattia. «Utilizzando colture cellulari derivate da pazienti affetti da Sma è stato possibile confermare un simile pattern con una bassa espressione delle due proteine» aggiunge il ricercatore Cnr-Ibbr. «Ma la cosa ancora più interessante è che questo meccanismo è perfettamente conservato nell’evoluzione, poiché un modello Sma del verme nematode C. elegans ha mostrato ugualmente una minore espressione dell'omologo di B-Raf, chiamato lin-45, quando il gene Smn1 era silenziato, ovvero spento».

Inoltre in questo piccolo verme così diverso dall’uomo è stato possibile prolungare la sopravvivenza dei motoneuroni aumentando l'espressione di B-Raf/lin-45, con conseguente miglioramento delle funzioni motorie. «Il recupero è stato efficace anche dopo che la degenerazione dei motoneuroni era iniziata. Questo studio pone il fondamento per ulteriori analisi che possano far sperare nella possibilità di intervenire anche quando i sintomi della malattia comincino a manifestarsi e in maniera complementare ai trattamenti farmacologici attualmente utilizzati nella pratica clinica».

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