La miostatina non ha più segreti: è stata infatti chiarita definitivamente la sequenza di "messaggi molecolari" scatenati da questo ormone, che all'interno del nostro organismo ha il compito di indurre la perdita di massa muscolare. Lo afferma uno studio* pubblicato sull'American Journal of Physiology – Cell Physiology dal gruppo di ricerca guidato da Marco Sandri, ricercatore dell'Istituto Telethon Dulbecco che lavora presso l'Istituto Veneto di Medicina Molecolare.
La scoperta potrebbe avere ampie ricadute in ambito terapeutico: sono diversi anni infatti che ricercatori di tutto il mondo stanno provando a bloccare farmacologicamente l'azione della miostatina per ripristinare la massa muscolare nelle persone affette da malattie genetiche come la distrofia di Duchenne e l'atrofia muscolare spinale, ma anche da patologie sistemiche come tumori, insufficienza cardiaca cronica, Aids, diabete, insufficienza renale cronica.


Di fatto, però, il primo trial clinico effettuato nel 2007 sull'uomo (Ann Neurol. 2008 May;63(5):561-71) non ha dato i risultati sperati, nonostante le ottime premesse osservate sui modelli animali. Somministrando a pazienti affetti dalla distrofia muscolare di Becker degli anticorpi anti-miostatina – in grado quindi di sequestrare l'ormone e di impedirgli di agire – i ricercatori non hanno infatti ottenuto alcun effetto biologico. Questo probabilmente perché esistono anche altre molecole simili alla miostatina che possono esercitare lo stesso effetto sui muscoli: da qui la necessità di conoscere tutti i "comprimari" dell'ormone, per trovare i bersagli farmacologici più adatti per bloccare completamente lo stimolo alla perdita di massa muscolare.
In questo lavoro Marco Sandri e il suo gruppo hanno identificato l'intera catena di eventi che si verifica dopo che la miostatina ha inviato il suo segnale, legandosi al proprio recettore. In particolare, hanno individuato le proteine – Smad 2 e Smad 3 – che "eseguono" a livello del Dna l'ordine ricevuto dall'ormone, "spegnendo" direttamente ed indirettamente i geni coinvolti nella crescita dei muscoli. Ecco allora che Smad 2 e Smad 3 potrebbero rivelarsi dei bersagli farmacologici efficaci: i ricercatori hanno infatti dimostrato nel modello animale che bloccandoli con opportuni trattamenti si ottiene una crescita significativa della massa muscolare. Non solo: l'effetto è ancora più forte se contemporaneamente si stimola un’altra via di segnale ovvero quella dell'IGF1-Akt che, indipendente dalla miostatina, è già nota per essere molto importante per la regolazione della forza muscolare.


Questo studio ha quindi chiarito innanzitutto la diatriba su cosa facesse la miostatina nel muscolo adulto. Nello stesso tempo ha dimostrato che le due vie principali che controllano la crescita e le dimensioni della nostra muscolatura (miostatina e IGF1) sono indipendenti e possono essere sfruttate entrambe per ottimizzare la ricrescita dei muscoli nelle terapie riabilitative. A beneficiarne potrebbero infatti essere non solo le persone affette da malattie degenerative dei muscoli, ma anche gli anziani, tutti quegli individui che abbiano perso massa muscolare a seguito di lunghi periodi di immobilità o di interventi chirurgici, in soggetti affetti da gravi patologie sistemiche ed infine anche negli astronauti durante i lunghi viaggi spaziali.
*Roberta Sartori, Giulia Milan, Maria Patron, Cristina Mammucari, Bert Blaauw, Reimar Abraham, Marco Sandri, “SMAD2 and 3 transcription factors control muscle mass in adulthood”. Am J Physiol Cell Physiol,2009; doi:10.1152/ajpcell.00104.2009

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