La terapia genica e l’editing genetico sono le chiavi di volta per arrivare a nuovi successi e a nuove terapie per la cura delle malattie che colpiscono l’occhio.

Ivana Trapani, ricercatrice Telethon focalizzata sulla terapia genica per le malattie della retina
Ivana Trapani, ricercatrice Telethon focalizzata sulla terapia genica per le malattie della retina

Orlando, Alessia, Matteo: sono i nomi di alcuni dei pazienti con amaurosi congenita di Leber di tipo 2, una malattia ereditaria della vista, ad aver ricevuto un farmaco che ha radicalmente cambiato il corso della loro malattia e della loro vita.

Parliamo di Luxturna, il primo farmaco di terapia genica approvato per una malattia ereditaria della retina, disponibile in Italia dal 2019. La terapia è specifica per la forma della malattia causata da alterazioni nella sequenza del gene RPE65 (altri geni possono essere coinvolti nella sua insorgenza). In breve: una versione corretta del gene viene inserita in un virus modificato per funzionare esclusivamente come vettore del gene terapeutico e poi inoculato nell’occhio. La terapia può essere effettuata solo se non c’è ancora stata degenerazione completa delle cellule della retina.

Non c’è dubbio che Luxturna rappresenti un esempio di straordinario successo scientifico, al cui raggiungimento ha dato un contribuito importante il gruppo di ricerca guidato da Alberto Auricchio dell’Istituto Telethon di Pozzuoli (Tigem), in collaborazione con la squadra clinica di Francesca Simonelli, dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. Nonostante questo successo, però, è fondamentale lo sviluppo di nuovi approcci, per dare risposta ai pazienti con altre forme di amaurosi congenita di Leber o con altre malattie ereditarie della retina, che ancora non possono beneficiare di terapie specifiche.

Malattie eterogenee

«Parliamo di un gruppo di una cinquantina di forme diverse di malattia che hanno in comune l’esito finale, cioè il danno alla visione provocato dalla morte dei fotorecettori, le cellule della retina che percepiscono la luce e la convertono in uno stimolo elettrico che infine il cervello traduce in immagini. A parte questo, però, si tratta di malattie davvero molto eterogenee» afferma Ivana Trapani, ricercatrice dell’Università Federico II di Napoli e dal 2021 responsabile al Tigem di un gruppo di ricerca dedicato allo sviluppo di nuovi approcci di terapia genica per malattie ereditarie della retina.

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«Le differenze possono riguardare le manifestazioni cliniche, con l’interessamento di diverse parti del campo visivo, o le cause molecolari. Sono infatti oltre 250 geni i coinvolti, con intrecci davvero molto complessi. Da una parte, mutazioni diverse dello stesso gene possono provocare malattie diverse; dall’altra la stessa malattia può dipendere da mutazioni in geni differenti».

Tutto questo complica sia la diagnosi sia la messa a punto di nuove strategie terapeutiche, rendendo impossibile replicare in modalità “copia-incolla” il successo di Luxturna. Per esempio: ci sono malattie nelle quali il gene responsabile è troppo grande per poter essere trasportato all’interno dei virus-vettori disponibili. «Sarebbe come trasportare un elefante con un’utilitaria» commenta Trapani.

Ecco allora un’idea ingegnosa: dividere il gene in due pezzi, da caricare in due vettori indipendenti. Per farlo, il gruppo di Auricchio, del quale ha fatto parte Trapani, ha sviluppato due diverse piattaforme. In un caso, quelle che si ricongiungono nella cellula ospite sono direttamente le due sequenze del gene: una strategia che ha dato ottimi risultati per la sindrome di Usher1B, per la quale dovrebbe partire a breve la sperimentazione clinica. Nell’altro caso, a ricongiungersi non sono sequenze di Dna, ma le mezze proteine prodotte dalle due porzioni del gene. «Stiamo mettendo a punto questa strategia per la sindrome di Stargardt» afferma Trapani. «I risultati ottenuti con i modelli animali sono molto promettenti, per cui speriamo di arrivare presto in clinica».

L’editing genetico

Ma c’è un altro possibile approccio terapeutico per le malattie della retina, basato sul sistema di editing genetico chiamato CRISPR-Cas9: una sorta di cassetta degli attrezzi molecolare che permette di intervenire in modo molto preciso sul Dna, correggendo singoli errori nella sua sequenza o inserendo nuove sequenze di interesse in regioni ben precise. Questo approccio potrebbe essere utilizzato per affrontare in modo “semplificato” malattie causate da mutazioni differenti dello stesso gene.

«Si può infatti pensare di sostituire il gene difettoso con quello corretto indipendentemente dal suo difetto, senza dover agire in modo mirato su ogni singola mutazione».

Ivana Trapani, ricercatrice Telethon

Inoltre, CRISPR-CAS9 potrebbe essere utile per malattie ereditarie della retina che non dipendono dalla perdita di funzione di un gene (come accade per l’amaurosi congenita di Leber), ma da un eccesso della sua funzione, che porta alla produzione di una proteina tossica per la cellula. «In questo caso non sarebbe utile fornire una versione corretta del gene alterato, perché la produzione della proteina tossica continuerebbe comunque. Bisogna invece “spegnere” il gene alterato: un obiettivo decisamente più fattibile con l’editing genetico rispetto alla terapia genica convenzionale».

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