Malattie mitocondriali: sperimentato con successo un nuovo approccio farmacologico

Sperimentata con successo in laboratorio una nuova terapia farmacologica per le malattie mitocondriali: a descriverla sulle pagine di Cell Metabolism* è il gruppo di ricerca dell’Istituto neurologico “Carlo Besta”, diretto da Massimo Zeviani, finanziato da Telethon e dalla Fondazione “Pierfranco e Luisa Mariani”.

Quelle mitocondriali sono un gruppo di malattie genetiche caratterizzate da un malfunzionamento dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule. Molto eterogenee nel difetto genetico che le provoca, possono coinvolgere diversi tessuti: i più colpiti sono in genere muscolo e cervello, ovvero i tessuti con la maggiore richiesta energetica. Nei neonati queste malattie possono manifestarsi sotto forma di encefalopatia, alterazioni muscolari, grave anemia oppure con disfunzioni del pancreas, del cuore, dei reni o del fegato. Nell’infanzia si possono manifestare con rallentamento o arresto della crescita, danni renali, atrofia ottica e sordità, disfunzioni endocrine come il diabete. Nell'adulto i sintomi più ricorrenti sono disturbi muscolari, che portano a intolleranza allo sforzo e facile affaticamento.

«Vista la rarità e l’eterogeneità di queste patologie - spiega Zeviani - è difficile pensare a una correzione del difetto genetico con la terapia genica. L’approccio che abbiamo descritto in questo lavoro parte invece da un assunto molto più semplice: di fronte a un funzionamento carente della macchina energetica della cellula, qualunque sia lo specifico difetto genetico alla base, si può provare ad aumentare il numero e l’efficienza dei mitocondri in modo da supplire, almeno parzialmente, al deficit energetico».

Per farlo, i ricercatori milanesi hanno sfruttato l’attività di una particolare proteina, chiamata PGC1a, capace di promuovere l’attività di diversi geni coinvolti nel metabolismo energetico della cellula. Somministrando ad animali laboratorio con miopatie mitocondriali riscontrate nell’uomo, una sostanza farmaco che attiva PGC1a, chiamata AICAR, i ricercatori hanno osservato non solo un aumento del numero e dell’attività dei mitocondri, ma anche un miglioramento delle prestazioni motorie.

«È un risultato molto incoraggiante» aggiunge Carlo Viscomi, primo autore dello studio «perché dimostra la fattibilità di un approccio applicabile potenzialmente a molte patologie di origine mitocondriale. Il prossimo passo sarà andare alla ricerca di farmaci capaci di raggiungere non solo i muscoli, ma anche il cervello, che rimane uno degli organi più colpiti da questo tipo di malattie. Si tratta quindi di individuare molecole in grado di attraversare la barriera ematoencefalica, quella sorta di “cancello naturale” che protegge il sistema nervoso centrale e che consente il passaggio soltanto a determinate sostanze e non ad altre. Se questo fosse confermato, potremmo addirittura pensare in futuro di estendere questo approccio anche a malattie neurodegenerative più diffuse».

Questo importante lavoro si inserisce nel contesto di un ampio progetto di ricerca finanziato da Telethon, il Program Project, che coinvolge altri gruppi italiani impegnati nello studio delle patologie mitocondriali: grazie alla sinergia delle diverse competenze ed esperienze, questo tipo di finanziamento mira proprio ad accelerare il percorso verso la cura, in pieno accordo con la missione di Telethon.

Il lavoro di Massimo Zeviani è sostenuto anche dall’associazione di pazienti Mitocon.

* C. Viscomi, E. Bottani, G. Civiletto, R. Cerutti, M. Moggio, G. Fagiolari, E. Schon, C. Lamperti, M. Zeviani, “In Vivo Correction of COX Deficiency by Activation of the AMPK/PGC-1a Axis”. Cell Metabolism, 2011.

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