Fibrosi cistica, Sma ed emofilia: pallottole molecolari in arrivo

Pallottole molecolari per ovviare alle “sviste” dei macchinari cellulari deputati alla sintesi delle proteine: a descriverle sulle pagine di Human Molecular Genetics* è uno studio finanziato da Telethon e dalla Fondazione italiana fibrosi cistica coordinato da Franco Pagani del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Trieste**. In collaborazione con il gruppo guidato da Mirko Pinotti all’Università di Ferrara, il team triestino ha dimostrato le potenzialità di una strategia terapeutica a base di piccoli Rna nei confronti di tre gravi malattie genetiche: la fibrosi cistica, l’atrofia muscolare spinale (Sma) e l’emofilia.

«Ma l’elenco potrebbe anche allungarsi, perché il bersaglio di queste “pallottole” è un meccanismo cellulare fondamentale, lo splicing, che risulta compromesso in tantissime patologie di origine genetica» spiega Pagani. «Dobbiamo pensare ai nostri geni come a una sequenza di informazioni discontinua: solo una porzione del suo contenuto va effettivamente tradotta in proteina. Quando un gene viene copiato in Rna messaggero, prima che questo faccia da stampo per la sintesi proteica alcune sue parti vengono rimosse da un macchinario cellulare specializzato: questa attività è appunto lo splicing ed è importante che avvenga con assoluta precisione».

Può accadere però che, a causa di un difetto genetico, la rimozione non avvenga correttamente e si abbia così la produzione di una proteina difettosa: è quanto accade in una quota significativa dei casi di fibrosi cistica, di Sma e di emofilia, le malattie genetiche su cui i ricercatori si sono inizialmente concentrati.

«Per ripristinare un corretto splicing dei geni che risultano difettosi in queste malattie» aggiunge Pinotti «abbiamo sfruttato dei piccoli Rna chiamati U1 snRNA  che - opportunamente manipolati da noi - sono capaci di appaiarsi in modo specifico al gene bersaglio e guidare correttamente il macchinario addetto allo splicing, evitando così che vengano rimosse porzioni che invece vanno mantenute nella proteina matura. Nelle cellule il sistema ha funzionato perfettamente e ci ha consentito di ripristinare livelli sufficienti di proteina funzionante. Nel caso dell’emofilia, i livelli di correzione raggiunti, se ottenuti nei pazienti, sarebbero abbondantemente sopra la soglia terapeutica».

Rispetto alla terapia genica classica questa strategia offre il vantaggio di correggere il difetto genetico direttamente in loco, lasciando il gene nel suo contesto e mantenendone così i naturali meccanismi di regolazione. Inoltre in questo modo si possono potenzialmente trattare anche malattie genetiche dovute a difetti in geni molto grossi e complessi, che non sarebbero facilmente trasportabili con alcuni vettori attualmente disponibili. Infine, potrebbe consentire di trattare anche malattie a eredità dominante, dove il risultato del difetto genetico non è l’assenza di una proteina, ma la presenza di una proteina anomala dagli effetti tossici: in questi casi non serve fornire una copia corretta del gene, ma si deve neutralizzare l’effetto dannoso della proteina difettosa a causa di uno splicing scorretto.

«Prossimo obiettivo» conclude Pagani «sarà perfezionare ulteriormente questa tecnica e verificarne l’efficacia anche nel modello animale di queste malattie veicolando i piccoli Rna in vettori virali, gli Aav. Potenzialmente sono davvero tante le patologie di origine genetica dovute a problemi di splicing: la nostra speranza è quindi quella di mettere a punto una strategia non solo mirata ma anche ad ampio raggio d’azione».

* E. Alanis, M. Pinotti, A. Dal Mas, D. Balestra, Nicola Cavallari, M. Rogalska, F. Bernardi, F. Pagani, “An exon specific U1 small nuclear RNA (snRNA) strategy to correct splicing defects”. Human Molecular Genetics, 2012. http://hmg.oxfordjournals.org/content/early/2012/02/23/hmg.dds045.abstract?keytype=ref&ijkey=ufIL9PAnlKygunN

** L’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB, http://www.icgeb.org) è un’organizzazione internazionale che opera dal 1987 all’interno del sistema delle Nazioni Unite e  le cui attività sono sostenute anche grazie a un finanziamento italiano da parte del ministero degli Affari esteri. È  costituito da tre sedi principali: una a Trieste, dove si trova la direzione generale, e le altre a New Delhi (India) e Cape Town (Sudafrica), oltre a una rete di centri affiliati in tutto il mondo. Nella sede di Trieste operano 16 gruppi di ricerca, la cui attività coinvolge più di 200 persone di oltre 30 diverse nazionalità: due su tre hanno meno di 40 anni. 

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