Dna: tutto quello che avreste voluto sapere sul “codice della vita”

È la molecola che fa di noi quello che siamo come esseri umani, individui, pazienti. Ma com’è fatta? Cosa c’è dentro? Che informazioni possiamo ricavare leggendo una sequenza di Dna? In questo articolo le risposte, insieme a tante altre curiosità.

La doppia elica del Dna e i cromosomi. Credit: National Institute of Mental Health, National Institutes of Health - Licenza d'uso

Una scaletta blu avvolta su sé stessa, affiancata da tre omini stilizzati (verde, blu e rosso) che sembrano slanciarsi verso il futuro. È il nuovo simbolo di Fondazione Telethon, lanciato in occasione della campagna La ricerca dona. Dona per la ricerca.

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Molti avranno capito che il simbolo richiama il Dna, la molecola della vita, quella che racchiude le informazioni che fanno di noi ciò che siamo come esseri umani, come singoli individui e, talvolta, come pazienti. Ecco una serie di informazioni e curiosità per conoscerla meglio.

Che cos’è il Dna

Anzitutto, Dna è una sigla: tre lettere corrispondenti alle iniziali dei termini inglesi per l’espressione acido desossiribonucleico. In concreto è una molecola costituita da due filamenti avvolti l’uno intorno all’altro nella famosa struttura a doppia elica descritta per la prima volta nel 1953 dagli scienziati James Watson e Francis Crick.

Guarda il video e scopri come funziona il Dna

Ogni filamento è composto dalla successione di quattro mattoncini di base che gli scienziati chiamano nucleotidi: adenina, timina, guanina e citosina. A tenere insieme la doppia elica sono legami chimici che si stabiliscono in modo ben preciso tra i mattoncini di un filamento e quelli dell’altro: l’adenina si appaia sempre alla timina e la guanina alla citosina.

Dove sta il Dna

Il Dna è presente in tutti gli organismi, dai batteri agli esseri umani, dalle alghe microscopiche alle sequoie, dai dinosauri ai delfini. Fanno eccezione i virus – che infatti non sono propriamente definibili come organismi – perché non tutti contengono Dna. Alcuni virus hanno come materiale genetico l’Rna, un altro acido nucleico (tra questi anche il virus Sars-Cov-2, responsabile del Covid-19).

Negli esseri umani, come negli altri mammiferi, il Dna è presente in quasi tutte le cellule, con la sola eccezione dei globuli rossi maturi. La maggior parte del nostro Dna è localizzato nel nucleo cellulare, a formare strutture chiamate cromosomi nelle quali non è libero ma avvolto più o meno strettamente attorno a proteine. In genere, ognuno di noi ha 23 coppie di cromosomi (uno ereditato dalla mamma e uno dal papà) per un totale di 46 cromosomi. Alterazioni nel numero dei cromosomi sono alla base di alcune sindromi genetiche come la sindrome di Down, causata dalla presenza di una copia in più del cromosoma numero 21.

Una quantità minore di Dna ha una localizzazione diversa: non nel nucleo, ma nei mitocondri, organelli che riforniscono le cellule di energia, oltre a svolgere altre importanti funzioni.

Dal Sole a Plutone, per 17 volte

Per poter stare tranquillamente dentro il nucleo di una cellula, il Dna deve essere strettamente raggomitolato. Se il Dna contenuto in una singola cellula venisse srotolato risulterebbe lungo due metri.

E se mettessimo in fila tutte le molecole di DNA presenti nel nostro organismo – srotolate – nel complesso sarebbero lunghe circa 107 miliardi di chilometri. Come andare per 17 volte dal Sole a Plutone (il piccolo pianeta alla periferia del Sistema Solare)!

Cosa fa il Dna

Le principali metafore con le quali è descritta la molecola di Dna – “codice della vita”, “libro della vita”, “software del corpo”, “progetto dell’organismo” – raccontano in modo immediato l’importanza di questa molecola.

In primo luogo, il Dna custodisce l’informazione genetica di un individuo, cioè l’insieme delle istruzioni che servono per produrre in modo finemente regolato le proteine. È una funzione fondamentale perché le proteine sono i tanti “operai superspecializzati” che permettono alle cellule e dunque ai tessuti e agli organi, di essere quello che sono in termini di forma, struttura e funzionamento. Le sequenze di Dna che codificano per proteine si chiamano geni.

Il Dna, tuttavia, ha anche un’altra funzione importantissima: duplica sé stesso, permettendo il mantenimento nel tempo dell’identità degli individui e delle specie.

Pochi geni per essere umani?

Una delle scoperte più sorprendenti emerse dal Progetto Genoma Umano riguarda il numero di geni della nostra specie. Ce ne aspettavamo circa 100 mila, cinque volte più del topo (che ne ha 22 mila) o del moscerino della frutta (che ne ha 19 mila) e invece anche noi ne abbiamo 20-22 mila. Non è quindi il numero di geni a rendere conto della nostra complessità, ma il modo in cui interagiscono tra di loro e quello con cui vengono regolati.

2% geni nel Dna
20-22.000 geni della nostra specie

I geni, cioè le sequenze codificanti per proteine, costituiscono solo il 2% circa del Dna umano. Il resto è costituito da Dna detto appunto non codificante. Il che non significa che non serva a niente come si pensava un tempo (tanto da definirlo addirittura “Dna spazzatura”), ma che ha altre funzioni. In particolare, quella di regolazione dell’espressione dei geni. Contribuisce cioè a stabilire se (e quanto) un gene deve essere attivo, dando origine alla proteina corrispondente, oppure inattivo (in questo caso la proteina non ci sarà).

Considerato che i geni sono sempre gli stessi in ogni cellula dell’individuo e in ogni fase della vita della cellula, è proprio la regolazione molto fine dell’espressione genica a far sì che cellule diverse (nervose, immunitarie, epatiche, muscolari e così via) svolgano funzioni diverse o si comportino in modo diverso in momenti differenti.

Umano, ma non troppo

Non tutto il nostro Dna è umano, strettamente parlando. Si stima che circa l’8 per cento del genoma umano sia costituito da sequenze di Dna di origine virale: resti di genomi virali che si sono integrati nel nostro Dna durante la nostra storia evolutiva di esseri umani. La maggior parte di questo Dna virale deriva da un gruppo di virus in particolare: i retrovirus, lo stesso gruppo al quale appartiene l’HIV. Secondo molti scienziati, questa eredità virale potrebbe influenzare la nostra salute, proteggendoci da alcune malattie o aumentando il rischio di svilupparne altre. Altro Dna virale potrebbe essere all’origine delle tante sequenze ripetute non codificanti che compongono il nostro genoma.

Certo, in epoca di pandemia da Sars-Cov-2 queste informazioni potrebbero risultare inquietanti. Viene spontaneo chiedersi se anche questo virus possa integrare il proprio materiale genetico nel nostro genoma. È un argomento oggetto di intensa discussione tra gli scienziati: i risultati di alcuni esperimenti suggeriscono che questo potrebbe accadere, ma i risultati di altri esperimenti smentiscono. Del resto, per la natura stessa del virus questa possibilità sembra piuttosto improbabile. Per quanto riguarda invece i vaccini a RNA messaggero contro il Sars-Cov-2, la risposta scientifica è unanime. Come spiegato chiaramente sul sito dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti (Cdc), “i vaccini a mRNA non interagiscono o influenzano in alcun modo il nostro Dna”.

Somiglianze e differenze

Il genoma umano si compone di circa tre miliardi di coppie di mattoncini. Per il 99,9 per cento, la sequenza di questi mattoncini è identica per ogni persona al mondo, ed è ciò che caratterizza la nostra specie. È solo quel restante 0,1% a rendere ciascuno di noi differente dagli altri, giustificando quella serie di caratteristiche che ci rende unici. Ma attenzione, anche l’ambiente contribuisce a plasmare la nostra individualità.

Quindi: ognuno di noi condivide con qualunque altro essere umano sulla Terra il 99,9 per cento del proprio DNA. Ma quanto ne condividiamo con altri organismi? Ecco qualche dato interessante:

98,8% Dna condiviso con scimpanzé, bonobo
85% Dna condiviso con topo
40-60% Dna condiviso con banana

Condividiamo il 98,8 per cento del Dna con scimpanzé e bonobo e il 98,4 per cento con i gorilla. Le regioni codificanti del nostro Dna (i geni) sono uguali per l’85 per cento a quelle del topo, mentre ci sono più differenze (50% circa) tra quelle non codificanti. E condividiamo tra il 40 e il 60 per cento di Dna con la banana.

Gemelli identici. Oppure no?

È vero: i gemelli identici (o, più propriamente, omozigoti) sembrano veramente uguali e d’altra parte hanno lo stesso Dna (o almeno così si è sempre creduto). A ben guardare, però, non sono identici in tutto: per esempio ci sono casi nei quali un gemello sviluppa una certa malattia e l’altro no. Succede per esempio con il diabete di tipo 1: sono noti casi di gemelli omozigoti in cui uno solo dei due ha il diabete di tipo 1 mentre l’altro non ce l’ha.

Finora queste differenze sono state giustificate chiamando in causa il contributo della componente ambientale (esposizione a infezioni, sostanze tossiche, tipo di alimentazione ecc.), che è in grado di influenzare la regolazione dell’espressione genica. I risultati di alcuni studi, tuttavia, suggeriscono che anche il Dna potrebbe avere un ruolo. Sembra infatti che il Dna dei gemelli omozigoti non sia sempre identico, mattoncino per mattoncino. Durante le primissime fasi dello sviluppo embrionale potrebbero insorgere in uno o in entrambi i gemelli variazioni spontanee della sequenza di Dna (mutazioni). Secondo i risultati di un recente studio islandese, il Dna dei gemelli differirebbe per una media di 5,2 mutazioni.

Errori e correzioni

È essenziale che le sequenze di Dna di un organismo si mantengano integre il più possibile, ma nella realtà i cambiamenti sono abbastanza frequenti. Durante la duplicazione possono avvenire errori di “trascrizione” dalla molecola che funge da stampo a quella nuova in formazione. Altri errori possono essere la conseguenza di danni provocati da agenti ambientali, come radiazioni o sostanze chimiche. Per fortuna, le cellule dispongono di un massiccio apparato di riparazione dei danni e degli errori della sequenza del Dna, evitando che questi errori si accumulino in modo eccessivo.

Per quanto questo apparato sia preciso, però, qualche errore può comunque sfuggire, dando origine a quelle che vengono chiamate mutazioni.

Guarda il video e come agiscono le mutazioni

Nella maggior parte dei casi le mutazioni non hanno effetti, ma talvolta possono essere dannose, dando origine a malattie o aumentando il rischio di svilupparle, o, in casi più rari, anche benefiche.

Letture interessanti

Oggi siamo in grado di “leggere” una sequenza di Dna – o addirittura un intero genoma, umano o di altri organismi – in tempi brevi e con costi relativamente contenuti. Pensate che per il primo sequenziamento del genoma umano ci sono voluti dieci anni e tre miliardi di dollari, mentre oggi bastano pochi giorni e qualche migliaio di euro.

Ma a che cosa serve leggere il Dna? Quali informazioni si possono ottenere? Per esempio informazioni utili a diagnosticare una malattia genetica. Non a caso, all’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli, Tigem, è attivo da alcuni anni un programma basato sul sequenziamento di nuova generazione del Dna per cercare di diagnosticare malattie genetiche che non è stato possibile diagnosticare con altri approcci (Programma malattie senza diagnosi).

Leggere il Dna permette anche di avere informazioni sulle proprie origini: pensiamo ai test di paternità, ma anche alla possibilità di scoprire da quali aree del mondo venivano i nostri antenati più recenti. Inoltre, può darci informazioni sulle origini evolutive della nostra specie, oltre che sulle relazioni tra Homo sapiens e altre specie di ominidi. Ancora, il sequenziamento del Dna può essere utile in ambito giudiziario (la famosa “prova del Dna”) o per individuare frodi alimentari: sequenziando brevi frammenti specifici di Dna, per esempio, si può stabilire se un pesce è, come dichiarato, cernia o il meno nobile pangasio e se lo zafferano è davvero tale, oppure una miscela di altre spezie meno pregiate.  

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