Un connubio fra biologia e informatica per mappare le porte di accesso al Dna: è quanto hanno fatto i ricercatori dell’Università di Palermo guidati da Davide Corona dell’Istituto Telethon Dulbecco*, meritandosi le pagine di una rivista prestigiosa come EMBO Journal**. Cuore dell’attività di ricerca del team siciliano è studiare come il Dna è organizzato nello spazio e, in particolare, quei meccanismi che ne regolano l’impacchettamento all’interno delle cellule: ogni cellula del nostro organismo ne contiene infatti circa due metri, compattati all’interno di un nucleo che ha un diametro di soli 5 millesimi di millimetro! Per poter essere contenuto in una struttura così piccola il nostro patrimonio genetico è quindi fortemente condensato, grazie anche alla collaborazione di numerose proteine. Tra queste ci sono per esempio quelle che compongono i nucleosomi, speciali “rocchetti” su cui il Dna si avvolge proprio come in una collana.

Quando la cellula deve leggere il codice genetico per produrre una certa proteina deve però “decondensare” il Dna in quel preciso punto: per farlo si avvale di specifici aiutanti come la proteina ISWI, scoperta proprio da Corona nel 2007. «L’importanza di ISWI nella vita della cellula è confermata dal fatto che è molto conservata dal punto di vista evolutivo» spiega il ricercatore, che nel 2010 è stato l’unico italiano tra i 21 giovani scienziati europei premiati dall’Organizzazione europea per la biologia molecolare (Embo).

«Basti pensare che quella della Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta su cui abbiamo svolto i nostri esperimenti, non solo svolge la stessa funzione di quella umana, ma le somiglia per il 90% della sua sequenza. Quando manca, la cellula non riesce più a leggere correttamente le informazioni genetiche: capire esattamente come e perché questo accade può spiegare anche il meccanismo alla base di diverse malattie genetiche e di alcuni tumori».

I ricercatori siciliani si sono quindi messi all’opera per capire quali fossero i siti di azione di ISWI. «Abbiamo fatto una sorta di “scansione completa” del genoma di Drosophila, mappando tutti i punti del suo Dna in cui questa proteina si legava per svolgere la sua funzione» spiegano Anna Sala e Maria Toto, ricercatrici del team di Corona che hanno coordinato gli esperimenti. «Abbiamo scoperto che ISWI preferisce legarsi all’inizio dei geni, per fare spazio al macchinario cellulare addetto a leggere le informazioni contenute nel Dna. Grazie alla nostra mappa oggi possiamo localizzare con la precisione di un GPS i geni regolati da ISWI e studiarli». Questo ha interessanti ricadute nello studio di numerose malattie, rare e genetiche come la sindrome di Williams ma anche diversi tumori, associate a geni regolati da ISWI: facendo un parallelismo tra il genoma dl moscerino e quello dell’uomo si potranno individuare e spiegare così i meccanismi alla base di almeno 20-30 patologie molto diverse, ma accomunate da un problema nell’impacchettamento del Dna nello spazio.

Tutto questo, però, non sarebbe stato possibile senza l’aiuto dell’informatica e, in particolare, grazie al contributo dei gruppi di ricerca del professor Vito Di Gesù e del professor Raffaele Giancarlo del dipartimento di Matematica e applicazioni dell’Università di Palermo. «Come accade sempre più spesso in biologia, il problema non è più quello di ottenere dati, ma di interpretarli: a Corona e al suo gruppo serviva un algoritmo che li aiutasse a orientarsi nel mare di informazioni ottenute dalla scansione del Dna di Drosophila» spiega Luca Pinello, che ha sviluppato questo strumento.

«La cosa più difficile e stimolante al tempo stesso è stata mettere insieme competenze così diverse… per la nostra forma mentis il Dna potrebbe anche essere letto a due lettere alla volta e non necessariamente a tre come dettano le leggi fondamentali della biologia! Ma l’interdisciplinarietà è un generatore formidabile di conoscenza: basti pensare che lo stesso algoritmo con cui abbiamo interpretato i dati del genoma del moscerino della frutta ci ha permesso anche di analizzare informazioni molto diverse come tracciati elettrocardiografici o le onde emesse da particolari stelle».

Con questa mappa alla mano, Corona e il suo gruppo sono pronti ad andare a caccia dei geni umani sotto il controllo di ISWI, ma non solo: come spiega il ricercatore, «potremo anche studiare quelle regioni apparentemente “spazzatura” del nostro genoma in cui però ISWI va a legarsi, nonostante non ci siano geni e quindi proteine da produrre. Perché? Tocca a noi scoprirlo! ».

** A. Sala, M. Toto, L. Pinello, A. Gabriele, Valeria Di Benedetto, A. Ingrassia, G. Lo Bosco, V. Di Gesù, R. Giancarlo, D. Corona, “Genome-wide characterization of chromatin binding and nucleosome spacing activity of the nucleosome remodelling ATPase ISWI”. The EMBO Journal, 2011.

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