Descritta una nuova malattia genetica, la sindrome di Timothy

Da oggi l’elenco delle malattie genetiche ereditarie è più lungo: si chiama sindrome di Timothy ed è all’origine di vari disturbi tra cui aritmia cardiaca fatale, malformazione delle mani e dei piedi chiamata sindattilia, deficit delle difese immunitarie e ridotti livelli di zucchero nel sangue (ipoglicemia).

La storia è iniziata parecchi anni fa, con 17 bambini di cui sette italiani seguiti in Italia e negli Stati Uniti per la sindrome del QT lungo, la malattia che a causa di un guasto nel circuito elettrico del cuore provoca un ritardo nel processo di ripolarizzazione, cioè di “ricarica” delle cellule cardiache dopo ogni battito. Il nome deriva dal cosiddetto “intervallo QT”, il periodo di tempo necessario alla ricarica - misurato con l’elettrocardiogramma – la cui durata è maggiore nei soggetti affetti. Da allora 10 dei 17 bimbi sono morti, non solo a causa di aritmie maligne e arresto cardiaco, ma di alcuni sintomi particolarmente gravi e apparentemente slegati dalla malattia, tra cui un’ipoglicemia fatale.

L’osservazione in tali bimbi anche della sindattilia alle mani ha fatto sospettare di essere di fronte a una nuova sindrome simile a quella del QT lungo ma più grave, i cui sintomi, già descritti dagli stessi autori nel 1992, solo oggi possono essere associati alla sindrome di Timothy. La successiva analisi clinica e genetica dei piccoli pazienti ha rivelato che tutti portavano lo stesso difetto nel gene che produce il canale che trasporta il calcio all'interno della cellula cardiaca, chiamato Cav1.2.

La nuova malattia genetica, il cui nome deriva dalla signora Timothy che ha riunito i pazienti americani, è dovuta infatti a un difetto della proteina-canale del calcio presente sulla superficie delle cellule di vari organi e tessuti, tra cui cuore, cervello, sistema immunitario e muscolatura liscia. Il guasto a tali canali - i “cancelli” che permettono l’ingresso dello ione nella cellula - li fa restare sempre aperti provocando un accumulo di calcio che diventa così molto dannoso. Si tratta infatti di uno ione essenziale per il corretto funzionamento di molti tipi cellulari, soprattutto delle cellule cardiache dove garantisce la normale attività elettrica. Nel cuore quindi l’assenza o il malfunzionamento della porta che fa entrare il calcio è particolarmente grave e causa un’anomalia del circuito elettrico con un forte rischio di aritmie, spesso fatali.

La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista Cell*, è il frutto di una collaborazione tra i ricercatori Raffaella Bloise e Carlo Napolitano del Dipartimento di Cardiologia Molecolare dell’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia guidati da Silvia Priori, Primario del Dipartimento e Docente di Cardiologia all'Università di Pavia. L'Unità Operativa di Cardiologia Molecolare è, infatti, molto attiva nella ricerca scientifica, in particolare nello studio delle origini genetiche delle aritmie cardiache, e si occupa inoltre di diagnostica molecolare con significative ricadute in ambito preventivo.

Per questo studio i ricercatori della Fondazione Maugeri hanno collaborato con i colleghi della Harvard School di Boston, del Policlinico di Pavia (Peter J. Schwartz) e dell'Università dello Utah.

Telethon finanzia la ricerca sulle aritmie cardiache di origine genetica dal 1993 e proprio quest’anno è stato approvato un finanziamento di 500mila euro a Silvia Priori e Pompeo Volpe per lo studio delle alterazioni dei canali del calcio che nelle cellule cardiache causano gravi disturbi del battito cardiaco.

La sindrome di Timothy non è l’unica malattia genetica in cui l'arresto cardiaco è dovuto a un accumulo eccessivo di calcio: nel 2001 il gruppo guidato dalla stessa Silvia Priori, sempre grazie a un finanziamento Telethon, ha scoperto la prima malattia di questo tipo, la tachicardia catecolaminergica  bidirezionale

Grazie a Telethon con  questa  nuova  scoperta  continua  con successo il nostro filone di ricerca per sconfiggere la mortalità infantile da aritmie cardiache” ha commentato  la Priori. “Le conseguenze pratiche di questa scoperta sono la necessità di eseguire un elettrocardiogramma ai soggetti con sindattilia per escludere la presenza di anomalie al cuore e soprattutto - ha evidenziato la ricercatrice - la possibilità di proteggere tutti i pazienti affetti da questa grave malattia con terapia adeguata e con l'utilizzo di un defibrillatore impiantabile".

* Splawski I et al. Cell 2004. 119:1-20

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