Bisturi molecolari per correggere il Dna: la terapia genica del futuro

«L’editing del genoma con le “nucleasi a dita di zinco” è una tecnica davvero rivoluzionaria: non per niente la rivista Nature l’ha recentemente premiata come metodo dell’anno»: così Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, commenta il recente lavoro pubblicato su Nature Medicine in collaborazione con il gruppo di Chiara Bonini, che descrive come applicarla all’immunoterapia dei tumori del sangue. «Grazie a questi veri e propri bisturi molecolari artificiali si possono infatti introdurre alterazioni specifiche della sequenza del Dna di una cellule, proprio come un correttore di bozze che edita un testo scritto» aggiunge Pietro Genovese, primo autore del lavoro.

All’origine di questa sofisticata tecnica c’è il lavoro del premio Nobel per la medicina Mario Capecchi, che per primo è riuscito a generare topi modello privi di uno specifico gene per studiarne la funzione nell’organismo: l’idea era infatti quella di studiare le funzioni dei geni vedendo che cosa succede quando quel gene viene spento o ne viene modificata la sequenza. Successivamente, però, gli scienziati hanno intuito che se si fosse riusciti a potenziare il metodo e aumentarne la precisione, si sarebbe potuto applicarlo da un punto di vista terapeutico, per correggere i difetti responsabili di malattie genetiche. Ed è qui che entra in gioco Luigi Naldini con la sua squadra Telethon: nel 2007 è stato lui – insieme al suo giovane collaboratore Angelo Lombardo, premiato alla fine del 2011 come miglior giovane ricercatore dalla Società europea di terapia genica e cellulare – a dimostrare come le zinc-finger nucleasi potessero essere applicate alla terapia genica.

«Se attualmente la terapia genica prevede l’introduzione di una copia funzionale del gene difettoso nelle cellule dei pazienti tramite un vettore virale» continua Naldini «l’editing del genoma permette di correggere direttamente sul Dna il difetto genetico. Le zinc-finger nucleasi sono infatti delle proteine artificiali costruite in laboratorio con due porzioni distinte: una in grado di riconoscere e legarsi ad una precisa sequenza di lettere sul Dna, l’altra di tagliare il Dna e di mettere così in moto i normali meccanismi riparativi da parte della cellula che possono ricopiare nel sito del taglio una sequenza corretta». 

Rispetto alla terapia genica tradizionale, questa tecnica ha il vantaggio di correggere il difetto genetico nella sua sede naturale, senza rischi di alterare la regolazione del gene come può avvenire se non si riesce a controllare perfettamente il punto in cui il vettore virale introduce il nuovo gene.

«Come descritto in altri due nostri lavori recentemente pubblicati nelle riviste Nature* e citati tra quelli che hanno contribuito al titolo di “tecnica dell’anno”» spiega Lombardo «abbiamo perfezionato il sistema, rendendo il “bisturi” più preciso nel riconoscere la sequenza bersaglio. Inoltre abbiamo dimostrato che la tecnica funziona nelle cellule su cui abbiamo lavorato negli ultimi anni nel nostro istituto con la terapia genica, ovvero cellule staminali e linfociti.

Conclude Naldini: «Con questo approccio rivoluzionario non solo potremo superare alcuni dei più importanti ostacoli che oggi rallentano l'applicazione della terapia genica ma potremo ingegnerizzare le cellule in modo sempre più preciso e innovativo e disegnare nuove strategie di cura delle malattie».

*Lombardo A. et al, "Site-specific integration and in situ tailoring of cassette design allow "sustainable" gene transfer". Nat Methods. 2011 Aug 21;8(10):861-9.

Gabriel R. et al, "An unbiased genome-wide analysis of zinc finger nuclease specificity". Nat Biotechnol. 2011 Aug 7;29(9):816-23. Epub 2011 Aug 7.

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