Rapporto Monitorare: importante destinare risorse alle malattie rare

Spiega la presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro: «Investire nelle malattie rare significa farlo per la collettività, perché queste patologie così complesse sono un paradigma che permette di mettere a punto strategie che poi possono essere utili per la collettività intera».

Presentato a Roma il rapporto Monitorare di Uniamo

È stata presentata oggi a Roma l’ottava edizione del rapporto Monitorare di Uniamo, che ogni anno offre una fotografia aggiornata dell’impatto delle malattie rare nel nostro Paese e un monitoraggio delle iniziative portate a termine e di quelle che invece sono ancora da attuare. Alla stesura del rapporto ha contribuito anche Fondazione Telethon, in particolare per la parte che riguarda la ricerca scientifica su queste patologie.

Dal documento emerge come sia aumentato il censimento delle persone con malattia rara, almeno di quelle che possono essere intercettate dai registri regionali in quanto hanno una malattia inserita nei Livelli essenziali di assistenza (Lea): nel 2021 sono state oltre 400mila, un numero in aumento ma che è ancora una sottostima. È probabile infatti che la cifra reale superi i 600mila individui, mentre se si considerano anche le malattie non ancora inserite nei Lea il totale dei malati rari potrebbe addirittura raggiungere i due milioni. Come ha sottolineato la presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro «disporre di dati solidi e affidabili è fondamentale per capire la dimensione reale del fenomeno e predisporre il sistema organizzativo che ci serve per affrontarlo, così come per fare ricerca in modo mirato».

La "migrazione sanitaria"

Il rapporto evidenzia anche una significativa disomogeneità sul territorio nazionale, non solo nella capacità dei registri di “contare” queste persone, ma anche nella presenza di centri di riferimento, che pur essendo cresciuti in numero sono concentrati soprattutto nelle Regioni settentrionali (i due terzi). Questo si traduce in quel fenomeno definito “migrazione sanitaria”: si stima che il 17% dei malati rari - quota che sale al 25% se si considerano solo i minorenni - va a curarsi in una regione diversa da quella di residenza.

A tal proposito Scopinaro ha sottolineato come nel Paese ci sia bisogno di più personale specializzato che lavori sulle malattie rare: «Con la pandemia da Covid-19 interi reparti sono stati smantellati per gestire l’emergenza, ma poi non sono mai più stati ripristinati. Mancano medici, infermieri e terapisti specializzati, altrimenti non è possibile attuare i piani diagnostici, terapeutici e assistenziali (PDTA). Perché tutto questo non rimanga sulla carta servono investimenti ad hoc in capitale umano, per incentivare il personale sanitario a dedicarsi a questo settore. Servono più ospedali attrezzati per accogliere queste persone, con strutture e dispositivi all’avanguardia. Investire nelle malattie rare significa farlo per la collettività, perché queste patologie così complesse sono un paradigma che permette di mettere a punto strategie che poi possono essere utili per la collettività intera. Basti pensare, per esempio, alla telemedicina: noi malati rari sono vent’anni che ne chiediamo l’implementazione, ma è stata solo con la pandemia da Covid-19 che ci si è attivati perché costretti. Se fossimo stati ascoltati prima, forse, saremmo stati più preparati a gestire questa emergenza sanitaria. In quest’ottica sarà importante che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destini risorse alle malattie rare».  

L'importanza della diagnosi

Un altro tema importante affrontato nel rapporto è stato quello della diagnosi: più è tempestiva e accurata, migliore è la presa incarico, l’accesso alle cure disponibili e, di conseguenza, la qualità di vita della persona con malattia rara e della sua famiglia. Oggi l’Italia è seconda solo agli Stati Uniti per numero di patologie oggetto di screening neonatale, a regime in tutte le Regioni, per le quali quindi si possa attuare tempestivamente un intervento. Anche i programmi per le malattie non diagnosticate, tra cui quello di Fondazione Telethon, sono all’avanguardia, ben inseriti nella rete internazionale, e concorrono a far crescere la capacità di diagnosi e la riduzione tempi di attesa.

Nota dolente, però, i tempi di aggiornamento delle malattie oggetto di screening neonatale: «il caso più emblematico - continua Scopinaro - è quello dell’atrofia muscolare spinale (sma), per la quale negli ultimi anni sono stati resi disponibili ben tre farmaci efficaci, di cui uno basato sulla terapia genica e la cui efficacia può essere potenziata da una diagnosi precoce. Ebbene, è più di un anno che abbiamo presentato il dossier che, sulla base di tutte le evidenze scientifiche disponibili, ne raccomanda l’inserimento nel panel di screening neonatale, che oggi è eseguito solo in alcune Regioni. L’allargamento dello screening alla sma e ad altre patologie, tra cui le immunodeficienze, è stato anche previsto dal punto di vista legislativo. Eppure è ancora tutto fermo, è chiaro che i processi amministrativi di approvazione non sono compatibili con il diritto alla salute».

A proposito invece di terapie, il rapporto evidenzia un aumento nel tempo della disponibilità di farmaci orfani autorizzati dalle autorità regolatorie e di quelli resi disponibili grazie a provvedimenti ad hoc come la Legge 648 o la 326. Per quanto riguarda le terapie avanzate, 8 su 14 di quelle autorizzate sono Europa sono disponibili in Italia, seconda solo a Germania e Regno Unito. Anche il numero di studi clinici in cui si testano farmaci per le malattie rare sono aumentati: ma come ha sottolineato la presidente di Uniamo «serve ancora tanta ricerca, perché attualmente soltanto 300 delle oltre 7000 malattie rare descritte dispongono di un trattamento. Auspichiamo quindi non solo che aumentino gli investimenti, ma anche che migliori la sinergia con le aziende farmaceutiche».

Tutelare il lavoro

Infine, il tema del diritto al lavoro, sia per i malati rari che per i loro caregiver: «Sono ancora troppe le persone che a causa di una malattia rara non accedono al mondo del lavoro, così come i familiari che sono costretti a lasciarlo perché altrimenti non possono occuparsi del loro familiare. Il lavoro va tutelato, per il bene di tutti: una persona che lavora, anche se non al cento per cento o con delle limitazioni, non solo contribuisce all’avanzamento del Paese, ma ne guadagna anche in salute». 

Infine, un bilancio: «Il nostro auspicio è che nel 2022 possiamo finalmente veder partire due provvedimenti importantissimi approvati alla fine dello scorso anno, la prima legge sulle malattie rare e il nuovo piano nazionale: mancano infatti ancora i decreti attuativi, che avrebbero dovuto essere promulgati entro sei mesi dall’approvazione. Ci aspettiamo che venga finalmente sbloccato l’inserimento nel panel di screening neonatale delle malattie per cui ci siano terapie efficaci e che i fondi del PNRR allocati sulle malattie rare, 50 milioni per la ricerca e altrettanti per progetti di inclusione sociale per le persone con disabilità, vengano ben spesi».

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