In Italia è recentemente stata approvata la legge 167/2016, che introduce lo screening neonatale metabolico allargato. Da quando entrerà a regime a tutti i neonati verrà prelevata una goccia di sangue sul quale fare dei test che possono far individuare in pochi giorni delle malattie. In tal caso il bimbo viene avviato alle cure necessarie. La disponibilità di una cura o terapia efficace è un requisito indispensabile, anche se non l’unico, perché una malattia venga inserita nella lista di quelle da ricercare. In Italia oggi in questa lista rientrano 40 malattie.

Sono tutte quelle possibili? Purtroppo no. Il caso più evidente di esclusione riguarda le immunodeficienze severe combinate (SCID), malattie che rendono i bimbi soggetti a gravi infezioni e che portano spesso alla morte entro i 2 anni di vita. Le SCID si possono individuare alla nascita con un test messo a punto proprio in Italia (nei laboratori dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze) e hanno delle terapie efficaci. In alcuni casi si fa il trapianto di midollo, in altri casi una terapia sostitutiva e, recentemente, si può proporre anche la terapia genica (Strimvelis) frutto di un grandissimo impegno di ricerca di Telethon. Con questo farmaco si può curare una delle forme più frequenti, l’immunodeficienza da deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID), nota anche come la malattia dei “bambini nella bolla” per il fatto che chi ne è affetto deve vivere in un ambiente più sterile possibile.

Negli USA lo screening neonatale per le immunodeficienze viene effettuato da tempo. Ci sono poi dei progetti pilota in altri Paesi Europei (Francia, Svezia, Germania, Spagna e Norvegia). Ma non serve andare così lontano per trovare buone pratiche: Toscana e Umbria già ricercano da anni queste malattie sui neonati. Questa esperienza ha provato, in linea con i dati USA, che costerebbe davvero poco aggiungere le SCID alla lista, circa 4 o 5 euro a neonato.
E allora, visto che la comunità scientifica è d’accordo nell’inserire questo test e le associazioni di pazienti anche, cosa si aspetta? Perché non inserirlo da subito così che la macchina organizzativa si avvii includendoli piuttosto che attendere futuri aggiornamenti? Ci si può solo augurare che, non essendoci una plausibile ragione per questa esclusione, il Ministero, supportato dal coordinamento nazionale screening, risolva il problema.
Se si è convinti e c’è la volontà qualsiasi difficoltà di tipo normativo o tecnico si può risolvere: si tratta di assolvere ad uno dei più alti compiti dello Stato, tutelare i cittadini più deboli, quelli che nascono senza difese.

Di Ilaria Ciancaleoni Bartoli: Giornalista, laureata in scienze politiche e con un master in relazioni pubbliche, oggi dirige l’Osservatorio Malattie Rare (Omar) quotidiano dedicato al tema e che ha seguito in prima linea l’iter di approvazione del DDL sullo screening neonatale

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