Naomi Taylor: «Una grande responsabilità impiegare le donazioni degli italiani»

Responsabile dell’area di Oncologia pediatrica del National Cancer Institute di Bethesda (Usa), Naomi Taylor guida la commissione medico scientifica di Fondazione Telethon che seleziona i progetti da finanziare basandosi sul metodo del peer review.

La Commissione medico scientifica a lavoro a gennaio per selezionare i progetti del Bando generale 2020

«Il metodo con cui la Fondazione Telethon valuta i progetti da finanziare è davvero spettacolare: per questo ho accettato con entusiasmo di guidarne la Commissione medico scientifica, anzi ne sono onorata». Ha commentato così Naomi Taylor, responsabile dell’area di Oncologia pediatrica del National Cancer Institute di Bethesda (Usa) a conclusione del lungo e impegnativo percorso che ha portato al finanziamento di 45 progetti di ricerca su oltre 40 malattie genetiche rare. «La commissione ha una grande responsabilità, deve scegliere come impiegare i soldi donati dagli Italiani: è un impegno che prendiamo tutti molto seriamente, mettendo a disposizione la nostra esperienza. Siamo trenta scienziati che hanno girato paesi, se non continenti, diversi: offriamo quindi uno sguardo ampio sulla ricerca, che può cambiare molto da un paese all’altro. Ciascuno di noi è esperto di un ambito, solo in parte sovrapponibile a quello degli altri colleghi: questo ci consente di valutare l’enorme varietà di argomenti che possono essere oggetto del bando Telethon, aperto a tutte le migliaia malattie genetiche rare».

Sia Naomi Taylor che gli altri membri della Commissione sono infatti parte di numerosi tavoli che valutano progetti di altri colleghi: ogni ricercatore dedica infatti una parte del proprio tempo a revisionare articoli o progetti di altri colleghi, la cosiddetta “revisione tra pari” su cui si regge tutto il sistema. Quello che però rende unico e sfidante il lavoro nella Commissione di Telethon è proprio il fatto di dover valutare progetti su malattie anche molto diverse, dalle distrofie muscolari alle encefalopatie epilettiche, dai difetti della coagulazione del sangue all’autismo. «Per affrontare questa enorme complessità è fondamentale il supporto che ci danno i revisori esterni, altri scienziati individuati da Fondazione Telethon in quanto esperti dell’argomento specifico del progetto. Compito di chi valuta - continua Taylor - è anche individuare gli aspetti che si possono migliorare: non dobbiamo soltanto scegliere i progetti migliori, ma anche suggerire come renderli ancora più validi. La qualità dei revisori esterni che ci supportano è tra le più alte che ho mai visto. Una valutazione di qualità è importante anche – o forse soprattutto – in caso di bocciatura: dei commenti costruttivi possono risultare l’ingrediente del successo per l’anno successivo. Quando diamo un giudizio negativo non vogliamo mortificare i ricercatori, ma aiutarli a migliorare il loro lavoro».

Nel tempo questo ha decisamente pagato: secondo la presidente della Commissione, infatti, si è alzata la qualità non solo delle proposte ricevute, ma anche della produttività scientifica di chi in Italia studia le malattie genetiche rare. «Oggi la qualità dei progetti che valutiamo è comparabile a quella ricevuti dalle principali agenzie internazionali. Vediamo con piacere che i ricercatori italiani pubblicano i loro studi su riviste prestigiose, consapevoli che per loro è più difficile rispetto a chi lavora in “colossi d’oltreoceano” quali Harvard o Yale. D’altro canto, il budget disponibile per questi progetti è limitato: Fondazione Telethon non è certo l’NIH! La competizione, per chi applica al bando, è quindi molto alta: questo significa per noi valutatori prestare la massima attenzione alla selezione. Purtroppo, più limitati sono i fondi disponibili, più alto è il rischio di lasciare fuori qualche progetto meritevole.

Pediatra di formazione, nel tempo Taylor si è specializzata nel campo della terapia genica, prima nell’ambito delle immunodeficienze di origine genetica, poi nei tumori pediatrici. Un ambito in cui senza dubbio la ricerca Telethon ha avuto un grande impatto, come lei stessa non stenta a riconoscere. «La capacità che abbiamo sviluppato di rendere i virus nostri alleati contro malattie monogeniche, ma anche ben più diffuse come i tumori o COVID-19, deve tantissimo alla ricerca sulle malattie genetiche rare. In questo ambito il contributo della ricerca italiana, e in particolare quella supportata da Telethon, è riconosciuto a livello internazionale. Non è un caso infatti che due dei farmaci basati sulla terapia genica disponibili sul mercato siano frutto di questa ricerca. In questo ambito così all’avanguardia il contributo dell’Italia è stato, insieme a quello francese, anche maggiore di quello degli Usa, nonostante la disparità globale di investimenti. Pur essendo un settore apparentemente “di nicchia”, quello delle malattie genetiche rare è un vero serbatoio di conoscenza: per questo è particolarmente importante investirvi e renderlo attraente per i ricercatori più brillanti». Infine, una riflessione su una questione che sta molto a cuore alla presidente della Commissione, quella di genere. Madre di tre figli e scienziata in carriera, conosce molto bene le difficoltà che le donne ricercatrici devono affrontare per conciliare vita lavorativa e privata. «Quest’anno per la prima volta c’è stata assoluta parità tra i finanziati del bando Telethon: 23 donne contro 22 uomini. Certamente è un bel segno, ma non possiamo generalizzare. Mi piace però sottolineare che, pur non facendo differenze di trattamento in base al genere nel valutare i progetti, ne teniamo conto quando consideriamo la produttività scientifica dei candidati: se una ricercatrice mostra meno pubblicazioni nel periodo della sua vita in cui ha avuto dei figli rispetto ai colleghi uomini non possiamo penalizzarla nel processo di selezione. Certo c’è ancora molto da fare se consideriamo quante donne raggiungono i ruoli apicali nella ricerca».

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