Storia di Amari, che dalla piccola isola caraibica di Trinidad è arrivato a Milano per ricevere la terapia genica per la sua rara malattia genetica del sistema immunitario.

Amari ha gli occhi di velluto ed è nato nel febbraio del 2019 a Trinidad: per sua madre Rachael, americana di New York, e suo padre Abiel, originario dell’isola caraibica, il suo arrivo è stato un vero dono. Ha solo due settimane, però, quando i genitori si accorgono che qualcosa non va: trovano spesso sangue nel pannolino e decidono di portarlo in ospedale. Per i tre mesi successivi i medici lo sottopongono a esami di vario genere, ma senza riuscire a formulare alcuna diagnosi. Quando però sulla sua pelle compare un brutto eczema, uno dei medici ha un’intuizione, ricordando alcuni casi descritti da altri colleghi canadesi durante un congresso: tutti quei sintomi sono riconducibili a una malattia rara di origine genetica, la sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS), di cui però non aveva mai visto alcun caso di persona. Del resto, la popolazione di Trinidad e Tobago nel complesso è di circa 1,2 milioni di abitanti, gli stessi della sola Milano! Il test genetico gli dà ragione: quello di Amari è in assoluto il primo caso diagnosticato nel Paese di questa sindrome che, oltre ai sintomi che ha già iniziato a manifestare, può portare a infezioni ricorrenti e recidivanti, disturbi della coagulazione del sangue, ma anche a un rischio maggiore di sviluppare malattie autoimmuni, linfomi e leucemie.

Naturalmente i genitori non avevano mai sentito parlare di WAS e iniziano a cercare informazioni on line. «Man mano che leggevamo eravamo sempre più disperati – ricordano.

«Cresceva la paura che nostro figlio non solo non avrebbe potuto raggiungere le tappe della vita che tutti considerano normali, ma addirittura che non avrebbe superato i due anni di età».

Rachael e Abiel, genitori di Amari

La scoperta di un’alternativa che cambia tutto

L’unico trattamento potenzialmente risolutivo è rappresentato dal trapianto di cellule staminali ematopoietiche, a condizione però che si trovi un donatore compatibile. Purtroppo, nonostante le ricerche il donatore non si trova e Rachael e Abiel si sentono sempre più persi. Chiedono il supporto anche alla Wiskott-Aldrich Foundation, organizzazione non profit che è risultato della fusione di due associazioni di pazienti nate negli anni Duemila per volontà di alcuni genitori di bambini nati con la stessa sindrome di Amari. Grazie a loro vengono a sapere che esiste un’alternativa al trapianto, in Italia: all’Ospedale San Raffaele di Milano è infatti corso fin dal 2010 la sperimentazione clinica di una terapia genica messa a punto nei laboratori dell’Istituto San Raffaele-Telethon.

Guarda il video e scopri il racconto di Abiel e Rachael

Il trattamento, che ha già dato risultati incoraggianti, consiste nella correzione genetica delle cellule staminali del sangue del paziente stesso, quindi senza alcun problema di compatibilità. Una volta prelevate, le cellule vengono messe a contatto in laboratorio con un vettore lentivirale, derivato cioè dal virus HIV: un paradosso affascinante se si pensa che proprio il temibile virus dell’immunodeficienza umana, opportunamente manipolato dagli scienziati, può diventare un potente alleato nel trattamento di un’immunodeficienza primitiva, cioè di origine genetica e non infettiva.

Dopo aver appreso di questa possibilità, la coppia e i medici che seguono Amari contattano direttamente il responsabile dello studio clinico nonché vicedirettore dell’istituto SR-Tiget, Alessandro Aiuti, inviando tutta la documentazione medica del bambino: è il dicembre del 2019 e dovrà passare un anno e mezzo prima che per il piccolo si accenda la luce verde per venire a Milano. Quando il suo caso viene portato all’attenzione dei medici italiani, infatti, lo studio clinico sperimentale è chiuso, sono stati cioè già trattati tutti i pazienti previsti dal protocollo. Nei mesi successivi, l’avvento della pandemia da COVID-19 ha rappresentato un ulteriore ostacolo, soprattutto nel corso del 2020. Successivamente, l’azienda sponsor dello studio ha deciso di riaprirlo al trattamento di nuovi pazienti e, finalmente, alla fine del 2021, arriva per la famiglia caraibica la tanto attesa chiamata.

«Quando il professor Aiuti ci ha detto che nostro figlio poteva essere inserito nello studio sperimentale siamo stati travolti da una felicità incontenibile».

Rachael e Abiel, genitori di Amari

«Pur consapevoli che sarebbe stato un percorso impegnativo, molto lontano dal nostro paese e dal resto della nostra famiglia, sapevamo anche che era la nostra unica possibilità. Eravamo pronti ad affrontarlo, pieni di speranza».

Quando le distanze non contano

Sono oltre dodicimila i chilometri che separano la piccola isola di Trinidad da Milano e quasi diciassette le ore di volo. Una distanza che può sembrare insormontabile, soprattutto alla figlia maggiore rimasta a casa con la nonna per tutto il periodo in cui i genitori sono dovuti restare in Italia con Amari. A offrire supporto, anche psicologico, è anche il programma di accoglienza “Come a casa”: una squadra di professionisti, affiancata anche da volontari, che accompagna la famiglia in tutto il percorso di cura, dagli aspetti più pratici e logistici, fino a quelli linguistici e, appunto psicologici.   

Nei primi giorni del 2022 Amari ha ricevuto le sue cellule staminali corrette con la terapia genica: dopo un periodo di isolamento faticoso ma necessario per dare modo alle sue nuove cellule di iniziare a funzionare, è potuto tornare a casa. «Oggi nostro figlio è un bambino pieno di vita e di energia – raccontano i genitori. Adora cantare, ballare, giocare con gli animali, nuotare. È sempre allegro e felice e non smetteremo mai di ringraziare il professor Aiuti, tutto lo staff dell’Ospedale San Raffaele e dell’istituto SR-Tiget, la Fondazione Telethon e tutti i donatori che hanno reso possibile tutto questo».

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Il sorriso di Sofia è quello di tutti i bambini che dalla ricerca possono ricevere il dono più grande: un futuro.

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