Un progetto per una comunicazione empatica nelle malattie rare

"Rare Empathy", voluto da A.S.S.I. Gulliver Associazione Sindrome di Sotos Italia APS, ha l’obiettivo di dare strumenti a chi deve comunicare una diagnosi difficile da accettare o delle informazioni sulle malattie genetiche rare.

È importante la modalità con cui viene comunicata la diagnosi relativa a una malattia rara o una disabilità.

Comunicare è una capacità che consideriamo naturale, ma non sempre la spontaneità o l’estemporaneità risultano appropriate, soprattutto quando si tratta di trasmettere dati o indicazioni che investono la sfera della salute personale.

Con queste premesse è nato, su sollecitazione di una mamma di A.S.S.I. Gulliver Associazione Sindrome di Sotos Italia APS, il progetto Rare Empathy - la comunicazione empatica nelle malattie rare. Un piano articolato e qualificato che ha interpellato, e continuerà a coinvolgere, tutti i soggetti che intervengono nella gestione della trasmissione di diagnosi o informazioni collegate alle malattie genetiche rare. 

«Uno dei problemi che riguarda questo ambito - spiega Silvia Cerbarano, presidente di A.S.S.I. Gulliver - è la modalità non adeguata o efficace con cui spesso vengono trasmesse le diagnosi relative a una malattia rara o una disabilità. L’impatto psicologico che certe notizie generano sulle famiglie può essere doloroso e complesso da gestire soprattutto quando, trattandosi di patologie poco conosciute, si ha difficoltà a raccogliere informazioni e definire prospettive».

Il progetto dell’associazione A.S.S.I. Gulliver, che beneficia della supervisione scientifica del team della Prof.ssa Paola Magnano della Facoltà di Scienze dell’Uomo e della Società della Libera Università degli Studi Kore di Enna, ha previsto tre fasi, due delle quali sono già state completate. La prima ha previsto la formazione dei componenti del Direttivo stesso della Associazione. «Chi si trova a ricevere richieste di informazioni su una malattia genetica, come capita quasi quotidianamente a me e ai componenti del nostro direttivo, può sperimentare la difficoltà di accogliere paure e ansie di un genitore che ricerca sostegno e rassicurazione - chiarisce Cerbarano - anche perché le stesse sollecitazioni possono ingenerare in noi volontari rimandi al nostro vissuto personale. Abbiamo ritenuto quindi doveroso apprendere nozioni e buone pratiche sia in tema di comunicazione efficace nelle situazioni difficili che di autotutela. Abbiamo per questo svolto un ciclo di cinque incontri con il team dell’ateneo di Enna, lo stesso che ci ha supportato, insieme alla società If Life Design in un’altra fase del progetto che ha previsto un percorso di parent training online per circa 21 famiglie della nostra associazione finalizzato non solo a fornire strumenti per progettare un futuro possibile per sé e per i propri figli, imparando a gestire l’inquietudine che può caratterizzare questo orizzonte ma anche per consolidare la forza del gruppo all’interno della nostra organizzazione».

Infine, il segmento, ancora non erogato, che coinvolge direttamente gli specialisti. «Si tratta nello specifico di quattro medici genetisti, rappresentati di quanti operatori sanitari si trovano a interagire con famiglie costrette ad accogliere diagnosi difficili da elaborare». I sanitari riceveranno una formazione specifica sul protocollo Spikes, applicato nei Pronto Soccorsi e nelle Unità di Oncologia per la comunicazione di diagnosi difficili. «Questa fase del progetto avrà un seguito in quanto verranno misurate le evidenze dell’applicazione di questo protocollo nella pratica quotidiana dei medici coinvolti nel progetto attraverso strumenti di rilevazione che permetteranno l’elaborazione di dati idonei alla successiva pubblicazione così da verificare l’adeguatezza di questa modalità e costituire patrimonio comune per presidi sanitari e associazioni».

«Siamo molto felici di finanziare questo progetto di ricerca - conclude Silvia Cerbarano -. Solo chi come noi combatte quotidianamente nei corridoi degli ospedali sa quanto sia importante l’aspetto comunicativo ed empatico nella ricezione di una brutta notizia, di una diagnosi o semplicemente durante una visita di controllo. Per questo ringraziamo i nostri compagni di viaggio in questa nuova avventura».

Per rendere sempre più salda ed efficace la collaborazione delle Associazioni in Rete abbiamo scelto di condividere i progetti di successo, realizzati dalle organizzazioni vicine alla Fondazione, sui nostri spazi web. Vogliamo mettere a fattor comune idee e processi vincenti, da cui trarre ispirazione e nuovo entusiasmo. Fondazione Telethon dà visibilità ai progetti delle singole Associazioni, nati con l'obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti con una malattia genetica rara. Vogliamo così stimolare il confronto e la possibilità per tutti di entrare in contatto con le Associazioni o richiedere approfondimenti in merito alle iniziative raccontate.

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