Non sappiamo ancora come andrà a finire, ma la loro storia val la pena di raccontarla da subito, ancor prima di sapere se il “miracolo” si avvererà. Riguarda una famiglia in prima linea nella lotta contro una gravissima malattia genetica e un gruppo di scienziati che da quasi venti anni si batte per sconfiggerla. In un certo senso, poi, appartiene anche a milioni di italiani. Tutti quelli che dal 1990 ad oggi hanno finanziato Telethon e permesso alla ricerca di arrivare dove è ora.

I protagonisti principali sono due fratellini, Giacomo e Luca, 8 e 5 anni, secondo e terzogenito della famiglia Mattivi. Insieme a loro mettiamo anche Mattia, il primogenito, che di anni ne ha 10. Perché i tre fratellini sono come i tre moschettieri… tutti per uno, uno per tutti. La parte del cattivo, nella storia, la fa una malattia chiamata distrofia muscolare di Duchenne. Quella per cui è nato Telethon. Una patologia ereditaria che provoca la progressiva atrofia dei muscoli. I progressi della ricerca, negli ultimi venti anni, hanno permesso di spostare l’aspettativa di vita dai 20 ai 35 anni. Ma di cura, per il momento, non si parla. Per il momento.

La famiglia Mattivi vive a Balsega di Pinè, un piccolo paese della Valsugana, in provincia di Trento. [...] «Ci siamo resi conto che qualcosa non andava quando Mattia aveva un anno e mezzo. Non riusciva a camminare bene. Era il nostro primo figlio, non sapevamo cosa fare - racconta mamma Lara -. Il pediatra ci diceva che era pigro, che dovevamo stimolarlo, sgridarlo anche. Passavano i mesi e lui, poverino, non riusciva a correre, né a fare le scale. Poi nacque Giacomo, che nei primi due anni di vita non manifestava i sintomi della malattia».

La diagnosi, o la “botta”, come la chiama lei, arriva quando Mattia ha 4 anni, Giacomo ne ha 2 e Lara ha appena saputo di essere incinta del terzo figlio.

Siamo nel mese di ottobre del 2005. Il verdetto ora è certo, implacabile: distrofia muscolare di Duchenne. E se per avere la diagnosi di Mattia ci sono voluti anni, bastano pochi giorni per averne un’altra, altrettanto tragica: anche Giacomo, che nel frattempo ha cominciato a manifestare qualche sintomo, ha la malattia del fratello.

Racconta Lara:

«Un dramma, la vita che ti cambia in un secondo, il buio più totale, i pianti, la disperazione. E l’angoscia per il bambino che deve ancora nascere. Sarà malato anche lui?».

Per lei e suo marito Stefano ha inizio un periodo durissimo, fatto di viaggi da un medico all’altro, di visite, di esami, di nottate passate su Internet a cercar di capire. «Eravamo distrutti, ma una sera ci siamo guardati negli occhi e abbiamo deciso di combattere».

Così scoprono che l’unica arma a loro disposizione si chiama ricerca. E che in Italia, per fortuna, ci sono scienziati validissimi, finanziati da Telethon, con progetti molto promettenti. Intanto, dopo un’analisi prenatale, finalmente una buona notizia. Il terzo figlio è sano. Si chiamerà Luca.

[...] Racconta ancora Lara «Una sera vedemmo al Tg che il professor Cossu aveva curato due cani malati di distrofia. Riuscimmo ad incontrarlo e scoprimmo così che da quello studio sarebbe potuto partire uno studio clinico su alcuni bambini. I nostri figli dovevano essere tra questi».

Passeranno altri quattro anni. Il protocollo di Cossu, per essere sperimentato sui bambini, ha bisogno di essere messo a punto e approvato da una commissione di esperti. Poi ci sono la scelta dei candidati, le verifiche di compatibilità con un donatore sano, consanguineo. Viene fuori che Luca, il piccolino, può donare le sue cellule ma che solo Giacomo, tra i due bimbi malati, può riceverle.

Lo studio parte nella primavera del 2011 e oggi è davvero troppo presto per dire come sta andando. Anche Lara è prudente: «Qualche piccolo miglioramento sembra esserci, ma ancora non vuol dire nulla». Nei suoi occhi, mentre parla in mezzo ai suoi tre figli, si leggono determinazione e speranza. Anche per Mattia, il grande, purtroppo escluso dalla sperimentazione. «Per lui siamo in contatto con un altro ricercatore, che sta portando avanti un altro progetto. Molto promettente».

Pazienti

Il mondo di Sofia

Il sorriso di Sofia è quello di tutti i bambini che dalla ricerca possono ricevere il dono più grande: un futuro.

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