Racconta il ragazzo nato con la distrofia muscolare: «Mi dà fastidio quando le persone guardano la carrozzina e non chi ci sta seduto sopra. E allora penso a una frase che dice spesso mamma: “Qualunque cosa tu faccia non ti arrendere mai”».

Luca ha sedici anni, frequenta il liceo artistico, e quando parla dei suoi progetti per il futuro ha le idee chiare e il tono deciso: «Quando sarò grande - dice - il mio sogno è quello di creare un mio studio di animazione, oppure vorrei fare il fumettista».

Tanta determinazione nasce da un immenso trasporto per il disegno e questa passione è stato uno stimolo ma anche una sfida quotidiana. «Ama il disegno - racconta Marilena, la mamma di Luca - con cui esprime tutto quello che non riesce a manifestare in maniera diversa. Ma è anche una sfida, ogni giorno, perché prima non riusciva neanche a tenere a lungo una matita in mano».

Luca non riusciva a «tenere a lungo la matita in mano» a causa di una patologia con cui è nato, la distrofia di Duchenne, una malattia genetica rara che causa degenerazione del tessuto muscolare, con progressiva riduzione delle abilità motorie e con complicanze che coinvolgono i muscoli respiratori e il cuore.

«Davanti a quella diagnosi mai avrei voluto essere un medico che ha consapevolezza della malattia»

Marilena, mamma di Luca

Una diagnosi dura, arrivata quando il bambino è ancora piccolo e davanti alla quale Marilena e suo marito Paolo, entrambi medici, restano pietrificati ma capaci di reagire: «Quando è nato Luca - ricorda Marilena - suo fratello Saulo aveva 4 anni e vedevo che a differenza del primo figlio, il piccolo non saltava sul letto, cadeva spesso e aveva difficoltà nel salire le scale: davanti a quella diagnosi mai avrei voluto essere un medico che ha consapevolezza della malattia. Poi però ho capito che dovevamo vivere giorno per giorno, dando a Luca tutto il sostegno davanti a ogni difficoltà».

Col progredire della malattia, arriva la prima grande difficoltà che ha trovato tutta la famiglia unita e stretta intorno a Luca quando è stato costretto a ricorrere alla sedia a rotelle. Con grande intelligenza, e circondato da amore, Luca è riuscito a vedere quella carrozzina come un aiuto e non come un limite e intanto, nella sua cameretta, nutriva pensieri e speranze con il cuore grande di un combattente gentile: «Mi facevo tante domande, ma pensavo solo che la ricerca è fondamentale per me e per gli altri che hanno il mio stesso problema… e speravo nella ricerca».

A questo è chiamata Fondazione Telethon, a portare avanti la ricerca scientifica per le tante famiglie e i tanti bambini colpiti da una malattia genetica rara, che credono in un futuro fatto di nuove cure e terapie possibili. “Facciamoli diventare grandi” vuol dire permettere loro di realizzare i propri sogni. È proprio grazie alla ricerca che dal dicembre 2021 Luca accede a una terapia sperimentale seguito dal Nemo di Roma, un centro di quella rete fortemente voluta da Telethon e Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare).

Anni di stretta collaborazione hanno reso possibile lo sviluppo di nuove opportunità ed è lo stesso Luca a parlarne: «Ora mi sento molto meglio perché ho più forza e riesco anche a tenere bene la matita in mano! Non mi sono mai arrabbiato quando non ci riuscivo, tentavo e ritentavo, ma ora è diverso».

«Luca è autoironico, se gli dico di stare zitto, mi risponde “mamma, già non posso camminare, ora non mi puoi fare nemmeno parlare!”»

Marilena, mamma di Luca

Oggi Luca vive la fase dell’adolescenza e ha tre grandi alleati dalla sua parte: la ricerca scientifica, la famiglia e suo fratello Saulo, che oggi frequenta la facoltà di medicina all’università, forse anche per capire meglio la patologia di Luca e il suo carattere, forte e testardo, che gli permette di non arrendersi mai.

«È anche autoironico - racconta Marilena - certe volte, quando discutiamo e parla in continuazione, se io gli dico di stare zitto, mi risponde “mamma, già non posso camminare, ora non mi puoi fare nemmeno parlare!”» Questa ironia è consapevolezza, frutto anche del dialogo che non è mai mancato con i suoi genitori nei momenti di fragilità.

«Certe volte - conclude Luca - mi dà fastidio quando le persone guardano la carrozzina e non guardano il ragazzo che ci sta seduto sopra. Ne parlo con mamma e papà, e allora inizio a pensare a quelle cose che invece mi sono piaciute tanto… un mio amico un giorno mi ha detto che per lui io sono un vero amico, ed è stata la frase più bella. Un’altra frase molto bella me la dice spesso mamma: “Qualunque cosa tu faccia non ti arrendere mai”».

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