Alessandro Fariello è un ragazzo di 27 anni che vive a Grumo Appula, in provincia di Bari. A pochi mesi dalla nascita i medici gli hanno diagnosticato l’atrofia muscolare spinale (Sma), ma Alessandro e i suoi genitori non si sono arresi.

La malattia lo ha costretto a continui ricoveri, ma non ha impedito ad Alessandro di conseguire il diploma con il massimo dei voti. Oggi il ragazzo è l’autore della raccolta di poesie Il mio sguardo sul mondo, volume edito da Laterza, i cui diritti d’autore saranno ceduti a Telethon, sotto forma di una donazione. Attraverso posta elettronica Alessandro ha riposto ad alcune nostre domande per raccontarci questa sua esperienza e le motivazioni che lo hanno portato a comporre le sue bellissime poesie.

Com'è nata l'idea di scrivere un libro?

«L'idea di scrivere questo libro si è formata lentamente nella mia mente ed è nata quando il Dott. Giacomo Saponaro, otorinolaringoiatra che conosco da anni e che da qualche tempo viene amichevolmente a sostituire cannula e sondino,  mi ha detto di mettere su carta alcuni miei pensieri. Proprio durante una delle sue visite scherzosamente mi ha minacciato dicendo che, se non avessi messo su carta i miei pensieri non sarebbe più venuto a trovarmi.

Qualche settimana dopo ho iniziato a scrivere i primi brani ( "Diversità" e " Il tempo" ) affinché potesse leggerli la volta successiva. Poi ne ho scritti altri: come si suol dire " l'appetito vien mangiando". E poi mi sono chiesto:  “Come posso far sentire la mia voce, e quale ruolo posso svolgere in questa realtà, dal momento che non sono riuscito ad accedere all’Università? E cosa posso fare per aiutare gli altri?”. Così pian piano è nato questo libro».

Nella poesia “Il senso della vita” parli dell’esistenza come una forma d’arte. Come definiresti la tua vita?

«Definirei la mia vita come tutte le altre, e quindi, come ho scritto anche nella poesia “Il senso della vita” come una tela da dipingere, un pezzo di marmo da scolpire o uno spartito da scrivere, utilizzando il pennello, i colori, lo scalpello o la penna che la natura ci ha gratuitamente consegnato insieme alla stessa vita. Fuor di metafora artistica, definirei la mia vita come un’avventura da vivere o una passeggiata da fare in compagnia delle persone care, apprezzando i colori o e i paesaggi lungo il percorso e affrontando con perseveranza, pazienza e umiltà le salite, i sentieri impervi e il clima ostile. La mia vita è sicuramente difficile ma anche affascinante e appassionante.  Come tutte le altre, è originale».

Sfogliando tra le pagine della tua storia, spesso l’aiuto di chi ti è stato accanto è stato fondamentale. Cosa significa per te “l’incontro con l’altro”?

«L’incontro con l’altro è momento di crescita e di conoscenza di noi e degli altri. Serve a confrontarci e quindi a riconoscere i nostri limiti, le nostre debolezze ma anche i nostri pregi e la nostra forza. Serve a sapere che ci sono altri meno fortunati di noi, o altri che sono nelle nostre stesse condizioni e che magari riescono a reagire meglio di noi, o ancora altri che sono riusciti a fare o ad ottenere molto più di noi e che quindi diventano per noi una sorta di modello da emulare. L’incontro con l’altro è scambio di esperienze di vita e quindi è anche occasione per imparare o insegnare. Ovviamente l’incontro con l’altro serve anche a non sentirsi soli e ad aiutarsi a vicenda. Tutto questo dovrebbe verificarsi in un autentico incontro».

L’atrofia muscolare spinale ti costringe in un letto. A causa di questa malattia hai dovuto affrontare ricoveri e dolori che altri non hanno mai conosciuto. Oltre a questo, cosa ti ha insegnato la malattia?

«Sicuramente mi ha reso più sensibile, attento e perseverante. Cerco di godere al meglio ogni momento e di sfruttare nel modo migliore ogni possibilità, cogliendo ogni occasione senza gettare via niente (e quando non ci riesco, sto piuttosto male). Cerco sempre di fare il possibile per aiutare chi soffre. E, abituato come sono a convivere e a lottare quotidianamente la mia malattia, quando mi prefiggo fermamente un traguardo, faccio di tutto per raggiungerlo, supero più agilmente gli ostacoli e non mi arrendo alle prime cadute».

Tra le tue passioni c’è la scienza. Un elemento che emerge forte anche in alcune poesie che affrontato argomenti in maniera razionale, scientifica. In che modo la scienza ha cambiato la tua visione del mondo? E della malattia?

«Secondo me la scienza, come l’intuizione, la sensibilità e l’emozione, è uno strumento per conoscere la verità. L’intuizione, la sensibilità e l’emozione ci permettono di raggiungere le verità riguardanti l’animo umano o le relazioni interpersonali. La scienza, invece, con la scintilla dell’intuizione e con l’aiuto della nostra sensibilità, ci fa scoprire, in modo rigorosamente oggettivo,  le verità concernenti la materia e il mondo che ci circonda. Quindi la scienza serve a capire come funziona il cosmo e il nostro organismo, serve a trovare soluzioni e a migliorare la nostra vita (come per esempio avviene con i comuni elettrodomestici o con specifici ausili tecnologici – come un ventilatore polmonare o il software che mi permette di usare abbastanza autonomamente il computer -, insomma con la tecnologia favorevole alla vita), a curare e, nel migliore dei casi, a guarire le malattie».

Nella prefazione dici che vuoi dedicare il proventi di questo libro a Telethon. Perché questa scelta?

«Perché voglio che il mio lavoro sia ancora più utile, come se non bastasse il fatto che un libro riesca a comunicare qualcosa di importane e a migliorare il modo di vedere il mondo e quindi di vivere. Ricordo quando, già a 6 o 7 anni, guardavo con un certo interesse la maratona televisiva e mi faceva piacere vedere una così grande manifestazione di solidarietà che mi infondeva ulteriore coraggio nella consapevolezza che noi, affetti da malattie genetiche, non eravamo (e non siamo) soli ma c’era (e ancora oggi c’è), qualcuno che si preoccupava (e si preoccupa) per noi e che per noi lavorava (e lavora)». 

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