4° GIORNO AJO – NOGALES. LA TRIBÙ   Sono al quarto giorno di questo viaggio, insieme al mio compagno Max e a voi che mi leggete sul sito di Fondazione Telethon. Oggi avrebbe dovuto essere un giorno “tranquillo” con nulla di particolarmente interessante, ma viaggiare senza tappe fisse riserva spesso delle sorprese che danno un senso al percorso. Lungo la strada abbiamo intravisto un gruppo di case di legno e una chiesetta bianca. Sembrava non ci fosse nessuno ma l’ambiente ci aveva incuriosito e ci siamo fermati. In quel momento l’area di fronte alla chiesa si popola e tutti, adulti e bambini, ci vengono incontro: ci rendiamo conto che si tratta di nativi americani, indiani, e che questa è una delle riserve di cui ci avevano parlato ma che non pensavamo di riuscire a trovare.

Ci presentiamo e cominciamo a chiacchierare con John. Ci presenta i due figli e le quattro nipotine. Timidamente gli chiedo a quale tribù appartiene. Ho un po’ di imbarazzo perché il termine tribù non mi sembra bello. Mi fa pensare ad un ghetto. John invece mi risponde con orgoglio: «Sono della tribù degli OPI e mi mostra che ce l’ha anche scritto sulla maglietta. A quel punto è lui che chiede a me a che tribù appartengo. «Io non appartengo a nessuna tribù», rispondo. «Come nessuna tribù – dice - ma da dove vieni?» «Dall’Italia - dico io - ma in Italia non ci sono tribù». «Beh, allora sei della tribù italiana» ribatte lui. «Hai ragione, sono della Tribù italiana»: a questo punto il senso del termine aveva un nuovo significato per me. Tribù è comunità, famiglia, condivisione, rispetto e non ghettizzazione o separazione come pensavo io.

Abbiamo trascorso qualche ora in loro compagnia. John era in visita, in realtà la riserva era abitata da Tohono O’odahm, che significa Gente del deserto. Come tutti gli abitanti dei deserti anche i Tohono O’odahm usavano muoversi liberamente nel deserto tra Stati Uniti e Messico. Da quando negli anni 1980 il governo americano ha innalzato i controlli e limitato la libertà di movimento, molti di loro si sono trovati intrappolati in Messico senza avere la possibilità di dimostrare di essere cittadini americani.

5° GIORNO NOGALES. VOLONTARI   Il primo appuntamento che abbiamo in programma qui a Nogales è appena dopo il confine con l’associazione KINO BORDER INITIATIVE. Questa è una delle tante associazioni di volontari attive nella zona e che aiutano i migranti.

Incontriamo Padre Sean Carroll, un gesuita americano. Ci spiega che la loro attività giornaliera è di assistenza ai migranti che vengono espulsi dopo essere stati catturati in Arizona. Entriamo nella loro sede e piano piano arrivano i volontari.

Sonia è di Boston ed è infermiera, ha deciso di passare una settimana qui per dare aiuto a queste persone. Parla bene lo spagnolo perché ha vissuto in Messico diversi anni e questo aiuta molto. Lei e Dorothea prestano assistenza medica a chi ne ha bisogno. Le abbiamo viste all’opera mentre medicavano ferite ai piedi per il troppo cammino, misuravano la pressione o semplicemente prescrivevano farmaci per una gran tosse.

Rick abita a Tucson e mi racconta che quando i migranti vengono catturati e portati in prigione, gli vengono ritirati tutti i beni, effetti personali e soldi. Nel momento dell’espulsione viene restituito loro tutto ma al posto dei soldi ricevono un assegno, che però non possono incassare. Rick, con la sua associazione si occupa di cambiare gli assegni dando contanti in sostituzione di un pezzo di carta che per loro non ha alcun valore.

Durante la mattinata viene distribuito del cibo caldo e proiettato un video che spiega i rischi che si possono correre prima di attraversare il muro e dopo, dà suggerimenti su come comportarsi quando si viene fermati dai Border Patrol e dettaglia quali sono i loro diritti. Tra i volontari c’è anche un avvocato che raccoglie denunce per molestie e soprusi subiti e un altro che mette a disposizione un telefono per telefonare gratuitamente alle proprie famiglie. Spiega che non bisogna mai fidarsi di persone che per strada offrono il telefono. Il rischio è che una volta memorizzato il numero dei famigliari, ti sequestrino e chiedano un riscatto.

Le insidie e i pericoli che attendono questi poveretti fuori dalla porta sono veramente tanti. Alcuni di loro accettano di tornare a casa e per la maggior parte, questo rappresenta un punto di ripartenza. Anche Hector ci proverà, dice. Lui viveva a Phoenix da 23 anni e fino a qualche settimana fa. Ha moglie e due bambini e lavorava come imbianchino. Una mattina mentre stava andando a lavorare è fermato per dei controlli e arrestato. Dopo qualche giorno in prigione è stato espulso come tutti gli altri, ed eccolo qui. Parla benissimo inglese, ovviamente. Ci dice di aver paura perché per lui è la prima volta che attraversa il deserto. Il “coyote” che lo guiderà gli costerà 4.500 dollari. Sa che è pericoloso ma deve farlo per sua moglie ed i suoi bambini. Ci ha promesso che al suo arrivo a Phoenix ci avrebbe scritto. Lo salutiamo e gli auguriamo buona fortuna.

Quante storie, sogni, speranze. Quanta ammirazione per i volontari che ho incontrato e che dedicano parte del proprio tempo a chi può ricambiarli solo con un grazie, una stretta di mano ed un abbraccio. Ma quanta ricchezza in quel grazie.

Chi è Renata?

Renata è una donna forte, ironica, amante della fotografia e dei viaggi. Scopre il nome della propria malattia, la distrofia muscolare dei cingoli, solo da adulta. I primi sintomi arrivano già a 18 anni quando perde peso e si sottopone a vari esami che mostrano uno quadro clinico complicato. Ma non perde la sua autonomia nonostante la disabilità. Solo a 42 anni riceve una diagnosi ufficiale, a cui seguirà una brutta caduta che compromette la sua mobilità. Da quel momento in poi inizia ad usare la carrozzina, anche se a casa cammina sempre. Data la sua passione per la fotografia, comincia a frequentare un corso in cui incontra il suo attuale compagno fotoreporter con cui decide di cominciare a girare il mondo. Ogni viaggio è più complicato, ma richiede solo molta organizzazione. Perché Renata vuole superare le barriere e andare oltre i confini.

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