Scrive per noi Nadia, mamma della piccola Yvonne nata con la mucopolisaccaridosi di tipo 6.

La mamma e il papà di Yvonne insieme a lei e ad Alberto Auricchio

Quando guardo negli occhi mia figlia Yvonne ritrovo il senso di tutto quello che stiamo facendo: i viaggi da Lecce verso tutta l’Italia per cercare una cura alla mucopolisaccaridosi di tipo 6, le lunghe attese per vedere qualche piccolo risultato incoraggiante, gli incastri con tutti gli impegni quotidiani. Yvonne è piccola, è alta solo 1 metro e 17 centimetri e fa la prima media. È la mia piccola, ma non ha mai paura. È sempre tranquilla e sorridente con noi, con la sorella, con i medici e gli infermieri che fanno parte della sua vita da sempre.

Essendo già madre, la mia primogenita un anno e mezzo in più di Yvonne, avevo capito subito che c’era qualcosa che non andava nella sua crescita. Allora siamo andati a cercare un medico che non ci liquidasse con un «Signora, vedrà, è solo un piccolo ritardo ma recupererà», e quando finalmente l’abbiamo trovato, avere una diagnosi ci è sembrata già una conquista.

«Dietro a una diagnosi ci sono ricercatori che lavorano a una malattia, anche se rara come la sua, e questo ci fa sentire meno abbandonati a noi stessi ».

La mucopolisaccaridosi 6 ferma la crescita dello scheletro e del cuore, e crea un’opacità corneale che annebbia la vista. Ma a parte questo Yvonne è molto solare ed energica. Le piace scrivere e raccontare storie, studiare storia e geografia. Si potrebbe dire che è una bambina come tutte le altre, solo che deve seguire una terapia specifica.

A volte mi capita di parlare con persone che hanno figli con malattie rare. A loro consiglio sempre di non perdere la fiducia, perché la ricerca va avanti. La fiducia nella ricerca è ciò che mi ha permesso di continuare a vivere, a prendere la malattia di Yvonne come qualcosa che rientra nell’ordine delle cose quotidiane, da gestire come le altre: così lo stretching diventa come la danza.

Per tutti questi anni abbiamo continuato ad essere fiduciosi e a credere nella ricerca, e abbiamo fatto bene. A novembre 2018 ci hanno detto che c’era la possibilità di accedere a una terapia sperimentale. I ricercatori Telethon, infetti, hanno trovato una strada per trattare la mucopolisaccaridosi 6, ma bisogna seguire una lunga terapia che richiede viaggi frequenti da casa nostra, a Alezio, fino all’Istituto Telethon di Genetica e medicina, il Tigem di Pozzuoli, Napoli. Mio marito ha detto subito che non potevamo negarle questa possibilità e così la notizia è stata accolta in famiglia come una festa.

«Abbiamo affrontato tutto insieme, facendo capire a Yvonne che non l’avremmo lasciata sola ».

Ma lei è una combattente, è coraggiosa, forse eravamo noi ad essere più in ansia. L’unica preoccupazione di mia figlia è stata quella di fare troppe assenze a scuola. È una bambina con la testa sulle spalle, con progetti molto chiari: da grande vuole fare l’infermiera a Londra, perché le piace l’inglese e perché nella sua vita ha avuto la fortuna di incontrare persone eccezionali, che l’hanno sostenuta in tutto il suo percorso.

Da luglio 2019 Yvonne è la più piccola paziente trattata con la terapia genica al Tigem ed è anche quella che sta riuscendo a sopportare meglio il dosaggio. I dottori sono molto ottimisti e noi ci sentiamo finalmente protetti, perché abbiamo trovato qualcuno che si sta prendendo cura di nostra figlia nel miglior modo possibile.

Certo, non mancano i momenti di sconforto e la stanchezza di tutti questi viaggi si fa sentire, perché poi al rientro devi recuperare tutte le cose che non hai fatto o che hai lasciato in sospeso. A volte tutto questo mi fa perdere la pazienza. Ma poi Yvonne mi guarda e mi dice: «Mamma, ce la faremo» e allora raccolgo le forze e riparto.

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