Federico, grazie alla moglie Francesca e ai tanti amici, ha costruito a Roma uno spazio per accogliere e proteggere nel tempo libero ragazzi senza diagnosi come la sua Clementina.

Clementina e Federico

L’amore è tenace. Non ammette rifiuti o tentennamenti, sfida ogni resistenza, pretende di vincere senza riserve. Per Federico, e anche per sua moglie Francesca, Clementina ha rappresentato quell’amorevole obiettivo da quando, nel 1995, è arrivata in famiglia ed è cambiato tutto, o quasi. Un percorso a ostacoli, momenti di speranza che si alternano allo sconforto: il ritardo psico-motorio che emerge dai primi anni di vita, la frustrazione di non giungere ad una diagnosi.  «Abbiamo dovuto sentire di tutto, anche quadri clinici che preconizzavano pochi anni di vita, e dovuto ricominciare daccapo ogni volta - racconta Federico, anche lui medico - perdendo energie, tempo e fiducia. Nessuno però ci ha spiegato che esistono anche malattie genetiche rare senza diagnosi».

Gli anni passano e non si può attendere che le nubi si diradino per agire. «Mentre io perseguivo la mia instancabile crociata per capire, arrivare ad un chiarimento medico definitivo, smuovendo il mondo e oltre, mia moglie iniziò a prendersi cura di nostra figlia in modo diverso, incoraggiandola e accompagnandola nello svolgimento di attività ludiche e sportive, che stimolassero la sua curiosità. Clementina reagiva positivamente, nonostante le evidenti difficoltà, facendo intravedere piccoli, ma progressivi miglioramenti. E più ci incamminavamo in questo percorso di crescita e emancipazione, ancor di più ci rendevamo conto che per i ragazzi e le ragazze senza diagnosi non esistesse alcuna rete di strutture o referenti che potessero aiutarli a riempire costruttivamente le tante ore, che altrimenti sarebbero rimaste di sola permanenza casalinga».

È adesso che Federico chiami a raccolta amici e professionisti che potessero sostenerlo, anche materialmente, nella costruzione di un sogno: quello di realizzare una struttura che potesse occuparsi del benessere e della crescita dei ragazzi e delle ragazze “senza diagnosi”. «Grazie al coinvolgimento di tante persone straordinariamente motivate raccolgo le forze, finanziarie e umane, che mi consentono di porre le basi per la nascita della Fondazione Hopen (crasi tra le parole inglesi Hope/Speranza e Open/Apertura), e poi, grazie alla vincita di un bando di gara, riqualificare gli ambienti una chiesa nel quartiere Bufalotta di Roma e costruire ex novo un campo sportivo polifunzionale e ristrutturare una palestra e un teatro, per dare una casa e un luogo di svago e ritrovo a quei ragazzi in attesa di essere accolti e accompagnati verso una crescita più dinamica, serena e affettuosa».

Nel periodo pre-covid le attività nel Centro erano molteplici, grazie all’apporto degli operatori specializzati, così come la partecipazione, per attività mattutine e pomeridiane. «Nel complesso - ricorda Federico - più di una ventina di ragazzi. Che oggi continuano a seguire le nostre lezioni di pittura, musica, danza, cucina o di karate tramite un computer».

Ma Fondazione Hopen e Federico, non intendono fermarsi qui. «Abbiamo altri obiettivi da perseguire: il primo riguarda la possibilità di dare vita ad un centro residenziale che permetta il soggiorno - nel weekend o in altri momenti della settimana - dei ragazzi e delle famiglie, spesso fuori sede, i cui figli si sottopongono a lunghi ricoveri per la ricerca della diagnosi. E poi l’opportunità di esportare questo modello anche oltre i confini della capitale».

Intanto Clementina, oggi 25enne, al cui fianco sono arrivate, nel corso degli anni, anche Matilde e Caterina, con il suo affetto ha stregato amici e parenti, primi fra tutti i nonni. «Io sono un padre con una vita complicata - continua Federico - ho deciso di proseguire nella mia professione, così come mia moglie Francesca ha continuato a lavorare, attività a cui abbiamo affiancato l’avventura della Fondazione e la cura costante di Clementina e delle altre figlie. È vero, a volte ci si può sentire inadeguati e il tempo non è mai abbastanza - sottolinea Federico - perché non dovrebbero esistere solo quei minuti residui quando avanzano le energie, ma dovremmo offrire ai figli tutta l’attenzione e il coinvolgimento che meritano, per affiancarli e sostenerli nel loro cammino. Oggi possiamo dire di aver raggiunto, tra alti e bassi, un equilibrio fatto di amore e allegria. Un traguardo che sembrava troppo ambizioso, ma che oggi è una realtà, per il quale devo ringraziare innanzitutto l’instancabile e amorevole entusiasmo di mia moglie Francesca e delle mie figlie, e il contributo di tanti amici». Una storia di passione e forza di volontà, quella di Clementina e le sue sorelle, di Federico e di Francesca, che con il loro coraggio, sono diventati fattore moltiplicatore di energia e benessere.

Per rendere sempre più salda ed efficace la collaborazione delle Associazioni in Rete abbiamo scelto di condividere i progetti di successo, realizzati dalle organizzazioni vicine alla Fondazione, sui nostri spazi web. Vogliamo mettere a fattor comune idee e processi vincenti, da cui trarre ispirazione e nuovo entusiasmo. Fondazione Telethon dà visibilità ai progetti delle singole Associazioni, nati con l'obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti con una malattia genetica rara. Vogliamo così stimolare il confronto e la possibilità per tutti di entrare in contatto con le Associazioni o richiedere approfondimenti in merito alle iniziative raccontate.

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