Storia di Joe e di come la terapia genica gli abbia salvato la vita, segnata dalla nascita dalla leucodistrofia metacromatica: grazie alla sorella, ha potuto ricevere precocemente il trattamento messo a punto dai ricercatori Telethon.

«Questa malattia è un mostro crudele. Hai una bella figlia perfetta che arriva a cinque anni e poi lentamente ti viene portata via». È così che Nicola descrive la leucodistrofia metacromatica (MLD), la malattia genetica che nell’estate del 2014 è stata diagnosticata a sua figlia Connie.

Fino al giorno di quella terribile diagnosi la loro è una famiglia felice della provincia inglese. Connie, nata nel 2009, è sempre stata una bambina intelligente e precoce per la sua età. Nel 2010, la famiglia si allarga con l’arrivo di un fratellino, Joe. A un certo punto, però, i genitori iniziano a notare che qualcosa non va nella figlia maggiore: perdita di concentrazione, svogliatezza a scuola, sbalzi di umore, difficoltà a scrivere, piccoli dettagli che li mettono in allarme. Nicola, che è biologa, ammette che all’inizio tendeva a non voler vedere, mentre il padre, Ian, ricorda ancora il giorno in cui Connie si è rifiutata di scrivere il proprio nome e ha realizzato che non era una cosa normale.

«Abbiamo assistito alla distruzione a cui questa malattia può portare e scoppiamo di gioia al pensiero che grazie alla terapia genica altri bambini riceveranno il dono di una seconda opportunità di vita»

Ian e Nicole

La diagnosi arriva nel giugno del 2014: nel giro di due settimane, Connie viene sottoposta a numerosi test e alla fine i medici non hanno dubbi. È proprio MLD e la bambina sta cominciando a mostrare i segni del processo neurodegenerativo tipico di questa malattia genetica, di cui i genitori non avevano mai sentito parlare prima. Le manca un enzima essenziale per smaltire delle sostanze altrimenti tossiche per il sistema nervoso: il loro accumulo nel tempo cancella progressivamente tutte le capacità cognitive e motorie acquisite fino al momento dell’esordio dei sintomi e non c’è nulla che si possa fare per arrestare la malattia,

«Siamo piombati nella disperazione. Da biologa, razionalmente sapevo che trattandosi di una malattia genetica anche il piccolo Joe avrebbe potuto esserne affetto, ma non volevo accettarlo. Purtroppo, nonostante ci fosse una possibilità su quattro, i test rivelarono che anche lui aveva ereditato da noi, portatori sani e inconsapevoli, il difetto genetico», ricorda la mamma.

Alla disperata ricerca di una cura

Come spesso fanno i genitori disperati in casi come questi, Nicola e Ian iniziano a cercare su internet qualsiasi informazione sulla malattia. Scoprono che in Italia, all’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, un trattamento sperimentale chiamato terapia genica ha dato risultati promettenti quando effettuato prima della comparsa dei sintomi: nell’estate precedente, i risultati pubblicati su "Science" hanno fatto il giro del mondo, ripresi anche da testate internazionali come la BBC. I ricercatori italiani hanno usato addirittura l’HIV come virus di partenza per costruire il vettore in grado di trasferire nelle cellule dei pazienti una versione sana del gene difettoso!

I genitori capiscono che quella è l’unica possibilità per salvare Joe, ancora asintomatico. Il 5 dicembre del 2014, qualche mese dopo la diagnosi, arriva un regalo di Natale insperato: il bambino viene sottoposto alla terapia genica. È un regalo dolceamaro: per Connie, che è già sintomatica, non è possibile fare lo stesso, perché la terapia non sarebbe in grado di fermare la malattia. Ian e Nicola provano emozioni contrastanti, la speranza per uno e il desiderio di fare il possibile per l’altra, grazie alla fisioterapia e agli altri trattamenti palliativi. «All’SR-Tiget abbiano trovato personale molto esperto sotto tutti gli aspetti, una seconda famiglia in tutto e per tutto».

La terapia per Joe funziona

Nonostante sia solo un bambino, Joe mostra una maturità fuori dal comune nell’affrontare un percorso di cura così complesso. La terapia genica messa a punto dai ricercatori Telethon per la MLD prevede infatti il prelievo delle cellule staminali ematopoietiche dal midollo osseo, una chemioterapia per far posto a queste cellule una volta che sono state messe a contatto con il vettore terapeutico e un lungo periodo di isolamento in attesa che l’organismo si riprenda. E poi controlli periodici in Italia, per verificare che la terapia stia funzionando.

E la terapia per lui si è dimostrata decisamente in grado di cambiare il suo destino, come racconta la mamma: «Sta benissimo, fa tutto quello che fanno i suoi coetanei. Gioca a calcio, va in bicicletta, va a scuola e legge i libri di Harry Potter. Questo piccolo uomo aveva solo tre anni e mezzo quando gli è stata consegnata questa condanna a morte: quattro anni dopo è stato in grado di correre tutti i 33 km della maratona di Coniston. Quando abbiamo visto nostro figlio tagliare il traguardo, abbiamo provato un’immensa gratitudine verso i medici e tutte le persone che lo hanno reso possibile».

«Ogni anno continuiamo a celebrare il secondo compleanno di Joe, il giorno in cui ha ricevuto la terapia genica»

Ian e Nicole

Connie, invece, ha continuato a peggiorare e se n’è andata nel luglio del 2022. Nel messaggio sulla pagina Facebook che i genitori hanno creato per raccontare fin dall’inizio la loro storia, i genitori hanno scritto: «Hai combattuto coraggiosamente, nonostante la stanchezza e la fatica. Tu sei la nostra eroina, il nostro cuor di leone e il nostro mondo. Vola in alto mia bellissima bambina, ti amiamo fino all’infinito e oltre. Sempre».

La speranza di Ian e Nicole è che in futuro la terapia genica possa essere disponibile per tutti i bambini, visto che dalla fine del 2020 è un farmaco a tutti gli effetti disponibile nell’Unione europea: «Abbiamo assistito in prima persona alla distruzione a cui questa malattia può portare e scoppiamo di gioia al pensiero che grazie a questa terapia altri bambini riceveranno il dono di una seconda opportunità di vita, come è stato per nostro figlio. Ogni anno continuiamo a celebrare il secondo compleanno di Joe, il giorno in cui ha ricevuto la terapia genica. Saremo grati per sempre a tutti coloro che sono stati coinvolti nello sviluppo di questa cura così speciale: i ricercatori, i medici, gli infermieri e ovviamente chiunque negli anni abbia sostenuto la Fondazione Telethon. Grazie di cuore!».

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