Leucodistrofia metacromatica
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Cos'è e come si manifesta la leucodistrofia metacromatica?
- La leucodistrofia metacromatica è una malattia neurodegenerativa progressiva appartenente al gruppo delle malattie lisosomiali e causata dal deficit di un enzima deputato al metabolismo di una categoria di sostanze chiamate sulfatidi. La malattia è caratterizzata dall’accumulo di sulfatidi in alcuni tessuti dell’organismo e in particolare nella guaina mielinica, una struttura che avvolge le cellule nervose. A seconda dell’età di insorgenza e della gravità dei sintomi si distinguono quattro principali forme cliniche: tardo-infantile (insorgenza tra i 6 mesi e 2 anni e mezzo); giovanile precoce (insorgenza tra i 2 anni e mezzo e i 6 anni); giovanile tardiva (insorgenza tra i 6 e i 12 anni); adulta (insorgenza dopo i 12 anni). Tutte le forme comportano un progressivo deterioramento delle funzioni motorie e neurocognitive, con diversa gravità a seconda dell’età di insorgenza. Le forme infantili e giovanili sono le più gravi: i bambini perdono la capacità di parlare, ma comunicano ancora con lo sguardo, la risata e il pianto. Nella fase terminale anche questa capacità viene persa e i piccoli pazienti riescono a malapena a muovere gli occhi e fanno fatica a deglutire. Nell’arco di qualche anno dalla diagnosi il decorso della malattia ha un esito infausto.
Come si trasmette la leucodistrofia metacromatica?
- La malattia di solito è dovuta a mutazioni del gene codificante per l’enzima lisosomiale arilsulfatasi A (ARSA). Si trasmette con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani delle mutazioni e hanno il 25% di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei figli. In alcuni pazienti il deficit non riguarda l’arisulfatasi A ma un’altra proteina coinvolta nel metabolismo dei sulfatidi (SAP-B).
Come avviene la diagnosi della leucodistrofia metacromatica?
- La diagnosi viene effettuata sulla base dell’osservazione clinica e di esami strumentali e di laboratorio, tra cui il dosaggio dell’attività enzimatica dell’ARSA e dei sulfatidi non metabolizzati nelle urine, la misurazione della velocità di conduzione nervosa, l’analisi genetica con ricerca delle mutazioni del gene ARSA. Le tecniche di neurovisualizzazione (tomografia e risonanza magnetica) evidenziano anomalie nella sostanza bianca del cervello. Nelle gravidanze a rischio può essere effettuata la diagnosi prenatale tramite villocentesi o amniocentesi. Nelle famiglie a rischio, il dosaggio dell’attività ARSA può essere utile per l’identificazione dei portatori sani.
Quali sono le possibilità di cura attualmente disponibili per la leucodistrofia metacromatica?
- Considerata in passato incurabile, la leucodistrofia metacromatica ha conosciuto una vera svolta alla fine del 2020, quando è stata approvata nell’Unione europea la prima terapia genica al mondo, Libmeldy, frutto di oltre 15 anni di ricerca dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica. Questo farmaco viene somministrato tramite un’unica infusione e prevede il prelievo delle cellule staminali ematopoietiche del paziente, ovvero quelle staminali che danno origine a tutti gli elementi del sangue. Le cellule vengono poi corrette con un vettore lentivirale (derivato cioè da una versione modificata e innocua del virus HIV) che consente di inserire nel loro patrimonio genetico più copie funzionanti del gene ARSA. Queste cellule geneticamente modificate vengono poi reinfuse nel paziente: la loro capacità di attraversare la barriera emato-encefalica, raggiungere il cervello ed esprimere livelli di enzima funzionante superiori al normale permette di correggere la disfunzione all’origine della malattia in modo continuo e a seguito di un singolo trattamento. L’enzima prodotto in sovrannumero dalle cellule ingegnerizzate viene infatti assorbito e utilizzato anche dalle altre cellule cerebrali che contengono ancora la mutazione nel gene ARSA e che quindi non sono in grado di produrlo da sé. Questa terapia genica è indicata per i bambini con le forme tardo-infantile o giovanile-precoce che ancora non abbiano manifestato i segni clinici della malattia e per quelli con la forma giovanile precoce che, pur presentando le prime manifestazioni cliniche della malattia, siano ancora in grado di camminare in modo indipendente e non abbiano ancora presentato un declino delle capacità cognitive. In futuro è auspicabile che grazie alla disponibilità di test di screening neonatale questa terapia possa essere offerta a un numero sempre maggiore di pazienti. Attualmente questo approccio di terapia genica è in fase di sperimentazione clinica anche per la forma giovanile-tardiva.
Ultimo aggiornamento
30.06.22
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